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Valencia: la città delle Arti e delle Scienze

La si potrebbe ribattezzare come “città verde nata dal fiume”, aggiungendo però un dettaglio fondamentale: che il fiume non c’è più. Valencia è una sorta di miracolo urbanistico scaturito dall’intraprendenza di famosi architetti e designer e dall’imprinting locale votato alla sostenibilità ambientale. Da alveo in secca, riconvertito in un parco culturale urbano dopo la grande inondazione del 1957, il fiume Turia è oggi la spina dorsale di Valencia, un immenso polmone verde che collega gli estremi della città: 9 chilometri (interamente ciclabili) fitti di vegetazione dove si susseguono parchi, musei e ponti che raccontano la storia della città, antica e moderna.

A cura della redazione
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A percorrerli tutti, si val sul sicuro anche se si ha poco tempo in quanto si incontrano alcune delle aree più interessanti della Valencia di ultima generazione, come il Bioparco e la Città delle Arti e delle Scienze. Siamo nel cuore del nuovo corso del Turia, centro di gravità dell’innovativa pianificazione urbanistica cha ha reso Valencia una delle città più verdi ed eco-sostenibili d’Europa. Si possono ancora ammirare i ponti costruiti sul fiume che ora disegnano il profilo del parco (Jardìn) del Turia tramandando una storia risalente addirittura a cinque secoli fa. Nei pressi del Turia sorgono i principali spazi culturali di Valencia disposti in una sequenza di luoghi ameni (giardini, orti botanici, lagune, boschi di pini e gelsi) alternati ad ampie prospettive sul paesaggio urbano scandito da 12 tramos, ovvero “porzioni” che si articolano, appunto, tra i ponti monumentali che collegano le due sponde della città.

L’ultimo tratto del Jardìn racchiuso tra il Puente del Angel Custodio e il Puente Monteolivete confluisce, senza soluzione di continuità, nella Città delle Arti e delle Scienze progettata dall’architetto Santiago de Calatrava. Questa “cittadella delle arti” (un work in progress che continua ad evolversi come fosse un essere vivente), è un polo avveniristico dedicato alla cultura a 360 gradi che si sviluppa in un’area di 350 mila metri quadrati e che spicca senz’altro come il maggiore complesso ludico-culturale d’Europa. Come accennato, si tratta di opere-in-evoluzione, alcune realizzate già da anni, come ad esempio l’Emisfero datato 1998, un gigantesco occhio che si ricompone con lo specchiarsi nell’acqua, il cui bulbo e il cui centro sono il planetario stesso. La monumentale palpebra che si apre e si chiude, mostrando la nuda forma del globo interno, ha la funzione di accesso alla sala del planetario (il Teatro Omnimax).

La firma di importanti architetti ha contribuito a rendere di sicuro impatto visivo questo polo attrattivo valenciano che ha l’impronta avveniristica inconfondibile di Calatrava nel tocco conferito al Palazzo delle Arti Reina Sofìa, al citato Emisfero, al Museo della Scienza Principe Felipe e all’Agora ancora in costruzione, oppure di Félix Candela che ha segnato lo stile dell’enorme costruzione dell’Oceanografico. E’ questo il più grande acquario d’Europa che ospita qualcosa come 45mila creature degli abissi in scenari ad alta spettacolarità come per esempio le vasche di squali ed enormi razze, che circondano i visitatori fin sopra la testa essendo concepite come una sorta di tunnel immersivo in cui gli animali sembrano quasi volare sopra le teste, consentendo una visione davvero inedita di queste specie acquatiche sensazionali. Nell’Oceanografico ci si immerge letteralmente nei principali ecosistemi marini del pianeta.

Un altro tipo di viaggio è quello che si compie entrando al Museo delle Scienze Principe Felipe che si presenta come una sorta di paese dei balocchi per i piccoli Einstein del futuro. L’ambiente si compone di vari spazi interattivi dedicati alla biologia e alla fisica, ai misteri della vita e alla tecnologia,  nonché ad esposizioni e tematiche temporanee. L’edificio in vetro si affaccia sull’acqua per restituire il gioco della trasparenza proprio delle vetrate esterne, mentre all’interno la struttura in cemento armato è composta da cinque enormi pilastri a forma di albero. Parallelo al Museo della Scienza e al Planetario si sviluppa, a un livello superiore, l’Umbracle ovvero uno spazio sorto nel 2001 che funge da giardino, galleria d’arte all’aperto e parcheggio coperto allo stesso tempo.

Collocato su un livello superiore rispetto agli altri edifici è, invece, il Palazzo delle Arti Reina Sofia, lo specchio in cui forse meglio si riflette l’intuizione architettonica del complesso di Calatrava. Il ponte Monteolivete (dello stesso Calatrava) lo collega alle altre strutture e al suo interno ospita quattro grandi sale per spettacoli e musica, i cui volumi sono racchiusi in due gusci simmetrici di cemento. Sulla stessa lunghezza d’onda benché fuori dall’area specifica della Città delle Arti e delle Scienze si colloca il Palazzo della Musica con le vetrate che si affacciano sui Giardini del Turia al cospetto di una fontana i cui giochi d’acqua rispondono alle note di musica classica che emanano dal palazzo, dando vita, ad intervalli regolari, a un suggestivo spettacolo visivo e sonoro. Progettato dall’architetto José Marìa Paredes, il palazzo venne inaugurato nel 1987 ricevendo importanti plausi. Placido Domingo, ad esempio, ne ha paragonato l’acustica ad uno “Stradivarius”.

Quasi verso la fine dei 9 chilometri che ritmano idealmente il fluire di questo fiume culturale, si colloca il Bioparco, altra “invenzione” recente (2008) che nel giro di tre anni è diventata l’attrazione più visitata della città. La stessa esperienza immersiva dell’Oceanografico qui viene ripresentata all’ennesima potenza trasferendosi questa volta ad habitat terrestri, e per la precisione africani. L’idea è stata quella di ricostruire specifici ecosistemi africani (Madagascar, savana, zone umide, foresta equatoriale) in cui le relative specie potessero continuare la loro vita davanti agli occhi dei passanti, con un particolare occhio di riguardo per quelle in via di estinzione. Niente gabbie né recinti per gli animali, dunque, e per i visitatori un percorso a piedi che introduce nei vari ambienti come in un safari in cui si ha la percezione diretta di ambienti davvero speciali che vogliono invitare ad una maggiore riflessione e consapevolezza.

Vi si possono incontrare più di 4000 esemplari appartenenti a oltre 250 specie diverse. Il raro suono dei lemuri malgasci, lo sbadiglio ingombrante di un ippopotamo, le tenerezze compulsive di piccole manguste, lo sguardo intenso di un gorilla a cui manca davvero solo la parola, la corsa sfrenata di una iena bloccata solo da un fiume abbastanza profondo da tenerla a distanza, il bagno di elefanti e l’incedere sinuoso di una gru dal collo nero: sono molte le suggestioni che restano dopo una “zoo immersion” (come la chiamano i depliant di promozione del parco) in questo angolo d’Africa trapiantato a Valencia, che allo zoo non somiglia nemmeno lontanamente.

Il mezzo migliore per godersi i panorami e le attrazioni dei 9 km di fiume culturale valenciano è la bicicletta. Tanto più che la città mette a disposizione un servizio pubblico chiamato Valenbisi, disponibile 24 ore su 24 e che offre più di 2.500 biciclette, distribuite in 275 punti strategici della città. Si può tranquillamente raccogliere la propria bicicletta in un punto e restituirla in un altro.