Spagna del sud: l'Andalusia
Per molti turisti dire Spagna, significa pensare all’Andalusia. La vasta regione, a sud della penisola iberica, sinonimo di sole, spiagge, cielo azzurro, incantevoli paesini rubati al tempo, incastonati nelle diverse Sierre, che ne caratterizzano la mossa morfologia. Flamenco, chitarre e toreri hanno però creato uno stereotipo che, per molti aspetti, ricorda il nostrano “spaghetti e mandolino”. Un quadro, come sa chi viaggia con gli occhi ben aperti, che pur cogliendo alcune caratteristiche, sorvola sugli aspetti salienti di un mondo impossibile da rinchiudere in tre parole.
Testo di Cristiano Pinotti, fotografie di Angelo Fanzini
L’Andalusia è infatti una regione tanto vasta quanto complessa, che raccoglie una storia millenaria in cui si sono intrecciate la vicenda fenicia, quella romana, la parentesi visigota, il lungo periodo arabo, il secolo d’oro e la progressiva decadenza. Frammenti di storia, d’arte, di cultura, nei secoli, hanno forgiato l’attuale Andalusia che, stanca di cercare lavoro al nord, sta cercando di valorizzare al meglio la sua più grande risorsa: una bellezza che non ha pari. Il nostro percorso nelle terre di Al-Andalus, come la definivano gli arabi, è un itinerario che prende le mosse da Siviglia ma offre una visione del territorio sivigliano attraverso molteplici spunti particolari, tante tessere di un mosaico unico e imperdibile.
L’Andalusia è anche la terra del Burlador de Sevilla, Don Juan Tenorio, il personaggio della letteratura spagnola che ha incantato intere generazioni e al cui fascino ambiguo non seppero resistere artisti come Mozart e Moliere. Che il Don Juan sia opera del celebre Tirso de Molina, o del meno noto Andres de Claramonte, come taluni critici propendono a credere, poco importa. La sua gioiosa, avventurosa e tormentata vicenda è un autentico patrimonio dell’umanità. Vi si scontrano tutti i sentimenti dell’uomo che, nelle orecchie di tutti, vibrano delle maestose note di Mozart, danzanti sulle parole di Da Ponte, dove al giocoso “catalogo” delle conquiste di Don Giovanni, fa da contrappunto il “pèntiti!” del commendatore che lo trascinerà all’inferno.
Siviglia
Concentrare la città andalusa in poche righe è un’impresa ardua. Così com’è praticamente impensabile volerla conoscere in una sola giornata. Siviglia è una bella donna, mollemente adagiata sul letto del Guadalquivir, raffinata, elegante, sicura di sé e del proprio fascino. Una donna caliente, specialmente se si percorrono le sue strade sotto il solleone di luglio e agosto. Osserviamo, quindi, alcune delle sue tante bellezze, con la consapevolezza di gettare solo uno sguardo sul capoluogo dell’Andalusia.
La Giralda e la Cattedrale sono i primi catalizzatori di sguardi. Monumento gotico di rara bellezza e maestosità, la quattrocentesca cattedrale di Siviglia, edificata in piena epoca di Riconquista sulle spoglie della moschea cittadina, è un’enorme costruzione scandita da archi rampanti, contrafforti e pinnacoli. L’interno, suddiviso in cinque navate, è un grandioso susseguirsi di cappelle, vetrate, cancellate che sublimano nella Capilla Mayor (spettacolare il retablo fiammingo) e nella Capilla Real. Dalla navata di sinistra si accede al Patio de los Naranjos, un aranceto contornato da arcate moresche, e alla Giralda. Simbolo cittadino, l’antico minareto del califfo Abu Yaqub Yusuf, trasformato in torre campanaria nel Cinquecento, raggiunge i 70 metri d’altezza ed è sormontato dal “Giraldillo”, la statua girevole, che simboleggia la Fede.
Completamente trasformati, i Reales Alcazares rappresentano un cocktail di stili architettonici. Antica fortezza romana, l’Alcazar è giunto ai giorni nostri attraverso molteplici rimaneggiamenti da parte araba, dei re cattolici e di Carlo V. Le migliori testimonianze del periodo arabo e mudejar sono il Patio de las Doncellas, il Salon de Embajadores, il Patio de las Munecas e i celebri giardini con palme e aranci. Di gusto chiaramente rinascimentale il Salon de Carlos V, impreziosito da arazzi di Bruxelles che narrano la conquista di Tunisi.
Ricco di fascino, il quartiere del Barrio di Santa Cruz, l’antico ghetto ebraico della città, è caratterizzato da piccole e raccolte piazze, strade strette e tortuose. Qui si respira l’atmosfera medioevale di una città che ha saputo valorizzare il proprio passato. Da non perdere l’Hospital de los Venerables. Chi è in vena di passeggiate rilassanti, non può assolutamente mancare una visita al Parco di Maria Luisa, un romantico giardino culminante nella novecentesca Plaza de España, il cui semicerchio, chiuso da due alte torri, illustra, attraverso 58 decorazioni in azulejos, un evento storico di ogni provincia spagnola.
Tra le altre attrazioni cittadine citiamo infine: la Plaza de San Francisco, la Calle de los Sierpes, il Palacio de la Condesa de Lebrija, la Casa de Pilatos, la Torre del Oro, l’Hospital de la Caridad, la basilica de la Macarena, il Convento di Santa Paula, il Museo di Belle Arti, magnifica pinacoteca dedicata alla pittura spagnola del “Siglo de Oro”, e La Maestranza, la celebre Plaza de toros.
Pochi chilometri da Siviglia, quasi nascosta dall'imponente mole del monastero di Sant’Isidoro del Campo, sorge Italica, un antico insediamento romano, fondato da Scipione l’Africano, nel 206 a.C. Il grande condottiero non è il solo nome altisonante di questo lembo di Roma in terra iberica: Italica, infatti, fu città natale di imperatori del calibro di Traiano, Adriano e Teodosio, nonché del poeta Silio Italico. Dell’antica città sono visitabili l’anfiteatro, che aveva la capacità di circa 25.000 spettatori, le terme, l’acquedotto e alcuni mosaici. I migliori reperti si trovano al Museo Archeologico di Siviglia.
La strada dei Pueblos Blancos
Un picco roccioso affacciato sul Guadalete. Arcos de la Frontera - tra edifici imbiancati a calce, palazzi mudejar, antiche chiese (su tutte la cinquecentesca Santa Maria de la Asuncion), conventi e palazzi signorili – è l’ideale punto di partenza per scoprire l’itinerario dei “Pueblos Blancos”, una strada di grande suggestione paesaggistica, caratterizzata dall’accecante bianco dei borghi che la punteggiano. Tra questi: Ubrique, Villaluenga del Rosario, Grazalema, Setenil, Oliera, Zahara de la Sierra, Bornos e, ovviamente, Ronda, la cui bellezza, però, merita un posto privilegiato.
Il Guadalevín taglia in due la Serranía de Ronda, con uno dei più impressionati canyon dell’intera penisola: è il “tajo” che, oltre a offrire il superbo spettacolo della natura, divide in due Ronda, una delle più belle città dell’Andalusia. Il settecentesco Puente Nuevo, costruito a oltre 90 metri d’altezza, sospeso sulle acque del Guadalevín, collega, infatti, la città nuova alla parte più antica: la ciudad di Ronda. Di impianto arabo, la città vecchia si dipana in un tortuoso dedalo di viuzze, da cui escono palazzi di moresca memoria. Tra questi la Casa del Rey Moro (l’attuale edificio risale però al XVII secolo), i Bagni Arabi (costruiti alla fine del XIII secolo e tra i meglio conservati della regione) e il Minareto di San Sebastian, quello che resta dell’antica moschea della città. Un’antica, bellissima, residenza araba ospita poi il Palacio de Mondragon, in cui è contenuto il museo cittadino.
Da non perdere la chiesa di Santa Maria la Mayor (come molti edifici sacri andalusi, costruita sui resti di una moschea), il Palazzo del Marchese di Salvatierra, il Ponte di San Miguel e il Ponte Vejo. Nella città più moderna, anche i più refrattari verso la tauromachia, non potranno fare a meno di visitare la splendida Plaza de toros, costruita in stile neoclassico nel 1785 e che conserva un originale Museo Taurino.
Granada
La storia della Spagna musulmana è un capitolo lungo e affascinante che, attraverso molteplici aspetti: militari, economici e culturali, ha coinvolto la penisola iberica dall'inizio del VIII secolo fino al termine del secolo XV. La campagna militare araba è rapida ed efficace, in soli tre anni gli eserciti dell’islam sottomettono la quasi totalità della penisola. La Spagna diviene così parte integrante di un impero di proporzioni colossali, esteso dalla Persia all’Africa settentrionale, sino all’Europa occidentale, la cui penetrazione nel continente europeo viene limitata dalla leggendaria battaglia di Poitiers vinta da Carlo Martello e ricordata, non senza una buona dose di ironia, da una splendida ballata di Fabrizio De Andrè.
L’anno 756 segna l’inizio dell’emirato indipendente di al-Andalus, dotato di una propria struttura giuridica e di un esercito permanente, un regno espressione di una società estremamente complessa. All’elemento arabo dominante si uniscono, infatti, guerrieri nordafricani, mozarabes (cristiani sottomessi), muladies (convertiti all’islam), schiavi ed ebrei. Una confluenza di culture, idee, religioni che produce un’autentica esplosione d’arte, di letteratura e di musica (sembra risalire a questo periodo la nascita del flamenco), che chiunque trascorra anche pochi giorni in Andalusia, ritrova all'interno di atmosfere magiche da “mille e una notte”.
L’ultimo baluardo arabo in terra spagnola si spegne, in una data davvero simbolica, con la conquista da parte dei re cattolici di Granada e con essa del suo magnifico palazzo, l’Alhambra, massima espressione dell’arte islamica andalusa. E’ il 1492, la Spagna si avvia a vivere il più glorioso periodo della sua storia. Entrare nell'Alhambra - la città-palazzo posta sulla rossa collina della Sabina, a Granada - significa immergersi nel sogno arabo del medioevo spagnolo. Il sogno di Yusuf I e Muhammad V, principali artefici del monumento, che si interseca, nella tipica commistione di stili che caratterizza tante città dell'Andalusia, con i tanti interventi cristiani che, fortunatamente, non hanno compromesso la grandiosità dell’opera dei Sultani spagnoli. L’Alhambra non è però un singolo monumento, ma un complesso esteso, per la cui visita occorre predisporre un’intera giornata, che si può dividere in tre aree principali: l’Alcazaba, i Palazzi Nasridi e il Generalife.
La Puerta de la Justicia costituisce il maestoso ingresso all’Alhambra e immediatamente lascia presagire la meraviglia custodita da questo patrimonio dell’umanità, visitato annualmente da oltre due milioni di turisti. Una seconda porta, quella del Vino, dischiude lo sguardo verso la zona militare, l’Alcazaba. Qui si susseguono una serie di torri: la Torre dell’Omaggio, quella della Vela, la Torre Spezzata, la Torre della Sultana, la Torre della polvere da sparo, infine la Torre delle Armi, collegate tra loro da una poderosa cinta muraria, un tempo separata dalla Medina (la città) da un ampio burrone, colmato in epoca cristiana. Il complesso militare, prospiciente alla Torre della Vela, presenta il cosiddetto Baluardo, sorta di terrapieno fortificato, costruito dai principi Nasridi al fine di piazzare adeguatamente i pezzi d’artiglieria.
La Casa Reale Antica, come venne definita all'epoca dell’imperatore Carlo V, comprende i nuclei più importanti e affascinanti dell’Alhambra: i Palazzi Nasridi comprendenti i Mexuar, Comares e Patio de los Leones. L’ingresso a questo complesso avviene dal Mexuar. Da qui in avanti, ad ogni passo, uno scorcio rapisce lo sguardo, il naso è sempre all’insù per ammirare soffitti, capitelli, decorazioni e archi in un crescendo continuo di emozioni. La Sala del Mexuar, probabilmente la parte più antica dell’alcazar reale, era la sede del Tribunale Reale che si riuniva nel riquadro formato da quattro colonne ornate da capitelli policromi. Bellissimo lo zoccolo di piastrellatura moresca in cui si alternano i blasoni della dinastia Nasride, quelli del Cardinale Mendoza e il simbolo imperiale dell’aquila bicefala. In fondo alla sala si apre l’Oratorio del Mexuar con l’immancabile nicchia decorata, il Mihrab, che indica la direzione della Mecca.
Il cortile del Mexuar, con la sua fontana in marmo bianco, immette poi nella Stanza Dorata, area in cui i visitatori attendevano prima di entrare a palazzo. Il soffitto, decorato con motivi gotici, è opera dei Re cattolici. Oltre la Stanza Dorata si apre il Cortile di Machuca, che prende il nome dall’architetto che progettò il palazzo di Carlo V, monumento simbolo di quella che si può definire “l’Alhambra cristiana”. Di chiara ispirazione rinascimentale italiana, presenta una pianta particolare: un patio circolare, di 42 metri di diametro, inscritto in un imponente quadrato. Il palazzo ospita il Museo dell’Alhambra.
Dopo una larga gradinata con tre scalini in marmo bianco si eleva la Fachada de Comares, sovrastata da una raffinata gronda in legno, dalla cui porta di sinistra si raggiunge il Patio de los Arrayanes, nell’area Comares. Il Cortile dei mirti (arrayan) costituiva il centro dell’attività politica e diplomatica. La sua vista lascia letteralmente senza fiato: la mole della Torre di Comares si riflette nell’immensa piscina, che pare magicamente sostenere le colonne sospese sull’acqua. Voluta da Muhammad V, la Galleria sud, con i suoi capitelli mocarabes alternati a capitelli cubici e a decorazioni in gesso e legno del portico a tre piani, chiude questo cortile di estasiante semplicità.
Analoga per struttura e bellezza è poi la Galleria nord da cui si raggiunge la Sala della Barca. Questa introduce al Salone del trono dove esplode la magnificenza della corte tra vetrate policrome, mosaici, zoccoli dai colori vivaci e un soffitto composto da 8.017 pezzi con rilievi sovrapposti di legno di cedro, affascinante rappresentazione dell’escatologia islamica in cui la terra è sormontata da sette cieli concentrici sovrapposti. La nicchia centrale del lato nord costituiva il trono.
Il Patio de Los Leones era, invece, la casa privata del Sultano e conteneva l’area riservata alle donne. Dal Patio degli Arrayanes si giunge a una selva di colonne dorate, i cui archi traforati sono sormontati, senza posa, dal motto nasride: “Allah è vincitore”. Al centro troneggia la Fontana dei Leoni composta da dodici leoni in marmo che reggono una vasca dodecagonale. Attigua è la Sala degli Abencerrajes, che prende il nome da un famiglia di notabili, secondo una leggenda trucidati in questa stessa sala. Il magnifico tetto di mocarabes forma una stella a otto punte.
Il vicino Patio dell’Harem, purtroppo, presenta un precario stadio di conservazione, mentre è ammirabile in tutto il suo splendore la spettacolare Sala dei Re, che occupa l’intero lato est del Patio dei Leoni. Divisa in cinque spazi, è un susseguirsi di luci e ombre intervallate da grandi archi in gesso riccamente decorati. La più antica delle sale che circondano il Patio de los Leones è la Sala de las Dos Hermanas, che prende il nome dalle due grandi lastre di marmo poste al suo centro. Da qui si accede alla Loggia di Lindaraja che si affaccia, con un’elegante bifora, sull’omonimo giardino.
Una menzione a parte meritano poi i Bagni posti tra il palazzo di Comares e il Patio dei Leones. Queste aree svolgevano una funzione collegata direttamente alla politica e alla diplomazia: erano un luogo estremamente piacevole dove svolgere pubbliche relazioni ai più elevati livelli. Inutile infine rammentare come l’acqua e le abluzioni rituali rivestano, per la religione islamica, un’importanza particolare. All’esterno dei Palazzi si estende poi il Partal, il portico con piscina che introduce ai lussureggianti giardini che accompagnano la passeggiata fino al Generalife.
Il Generalife è una specie di “eremo”, un luogo in cui il sovrano poteva appartarsi, riposare a contatto con la natura eppure, data la vicinanza con il palazzo, essere sempre presente per intervenire in caso di necessità. L’ingresso ai Giardini del Generalife, ricchi di fontane e giochi d’acqua, è guidato dal Viale dei Cipressi, conifera amata dagli arabi che si alterna, in questa esaltazione della natura, a mirto, bossi, roseti, viti, oleandri, aranci, nespoli, magnolie, arbusti, per un totale di oltre 160 specie. Patii e logge si alternano in un’oasi di pace e tranquillità.
Cordova
Pochi luoghi al mondo mantengono una così perfetta simbiosi con la storia come Cordova. Romani, visigoti, arabi, cristiani ed ebrei (e dunque imperatori, condottieri, califfi, fedeli e importanti uomini di cultura, filosofi ed artisti) hanno forgiato le sorti di una città nata sotto la buona stella di essere la “città del fiume Cetir”. Oggi lo stesso fiume, con il nome di Guadalquivir, delimita la posizione strategica che tutt'ora la città spagnola riveste, adagiata tra la Sierra Morena e la fertile Valle del Guadalquivir, nel cuore dell’Andalusia. Talmente forte è la testimonianza ancora viva di questo passato intessuto di glorie e sconfitte, onori ed oneri, progressi e recessioni che difficilmente si guarda a Cordova come ad una città all'avanguardia, figlia (anche) del suo tempo, che si intravede in strutture come il Palazzo dei Congressi o il HCCE (Historic Conference Centre of Europe), tanto per citarne alcune.
Tuttavia, rimane il suo patrimonio storico, culturale e architettonico, tutelato dall'Unesco e giustamente noto al mondo, il richiamo più forte della città, un concentrato di arte e architettura antica, di stili e tradizioni le più disparate, che rende Cordova un vero scrigno di tesori, museo a cielo aperto con scorci che conquistano in un solo sguardo. Nel cuore storico della città si dipana il fantastico mosaico che compone il patrimonio mondiale di Cordova e, in pieno stile Andaluso, l’imprinting più eclatante è quello restituito dalle atmosfere arabeggianti dovute alla dominazione musulmana che si fa risalire all'anno 711.
Il più importante monumento di questo periodo, nonché uno dei principali esempi di architettura sacra dell’Andalusia, è la Grande Moschea (Mezquita) o Cattedrale di Cordova. Insieme all’Alhambra di Granada è la più prestigiosa testimonianza della presenza islamica in Spagna dal VIII al XIII secolo. Era il 784 quando Abd al-Rahman I, il primo emiro Umayyad di Cordova, diede ordine di iniziare a costruire la moschea sul luogo dove prima sorgeva la chiesa visigota di San Vicente; i lavori furono ultimati soltanto nel 987, con i successori Al Hakam II e Almanzor.
Ben quattro fasi di costruzione, tra il VIII e il X secolo, hanno dato vita ad un monumento sublime, opera maestra dell’arte musulmana ed emblema assoluto del grande splendore conquistato dalla dinastia degli Omayyadi nella penisola iberica. All’esterno della Grande Moschea spiccano il Patio de los Naranjos da cui si può osservare il minareto di Abderrahman III, che fu inglobato in una torre barocca verso la fine del secolo XVI, la bella Porta del Perdono e, nel muro nord, l’altare con grate che ospita la Virgen de los Faroles, copia di un’opera del pittore nazionale, Julio Romero de Torres.
Nell'interno si viene quasi assaliti da un girotondo di colonne e arcate bicolori di grande effetto cromatico: ben 850 colonne di granito dominano la scena e spingono lo sguardo verso l'infinito. E’ ben visibile quello che fu il più significativo intervento effettuato da Al Hakam II, ovvero il sontuoso Mihrab con la cupola che lo precede, la Kibla, il muro devozionale, e le tre cupole della Maqsurah. In seguito alla riconquista cristiana ad opera del re Ferdinando III “il Santo”, nell’anno 1236, la Mezquita subì ulteriori modifiche e differenti integrazioni stilistiche (la Cappella Reale di Alfonso X, i due pulpiti di Michel de Verdiguier, lo spettacolare Coro del XVIII secolo impreziosito da stalli barocchi in mogano). Il risultato è un incredibile architettura, unica al mondo, in cui arabo, gotico, rinascimentale e barocco convivono in un vero e proprio intreccio di fedi, culture e stili.
L’insieme della Cattedrale, il fiume, la Porta del Ponte e lo stesso Ponte Romano restituiscono una delle immagini più suggestive di Cordova e dei suoi molti volti. Il Ponte Romano, che si getta per 240 metri sopra il fiume Guadalquivir, è uno splendido lascito dell’epoca latina risalente al I secolo a.C., emblema del culto imperiale e del momento di gloria vissuto dalla città durante il periodo romano, dopo la fondazione nel 169 da parte del pretore Claudio Marcello. Naturalmente la costruzione ha subito nel tempo modifiche e interventi, ereditando dal medioevo la sua struttura principale, a sedici archi. Al centro si erge la statua di San Rafael, opera del XVI secolo realizzata da Bernabé Gomez del Rio. Oltre allo scenografico ponte, altre testimonianze di questa epoca sono il Mausoleo, che andava a costituire parte della Necropoli romana occidentale della città, un Tempio dell’epoca Flavia con capitelli corinzi originali e l’Anfiteatro, recentemente scoperto, il terzo più grande dell’Impero Romano, dopo il Colosseo e quello di Cartagine.
Al di là del ponte sorge la Torre de la Calahorra, fortezza araba che ha rivestito un ruolo militare strategico nel XIV secolo quando Enrico II di Trastamara la fece ricostruire per difendere Cordova contro suo fratello Pedro I “il crudele”. Oggi il monumento ospita il Museo Storico di Al-Andalus che offre una interessante esibizione dell’incontro delle tre culture – cristiana, ebraica e musulmana – che intrecciarono i loro destini a Cordova durante l’epoca musulmana del Califfato di Al-Andalus. Fu questo un momento di grande splendore per la città, l’epoca d’oro che vide gravitare alle sue porte i più importanti uomini d’arte, di scienza e di cultura.
Poco distante dalla Mezquita si trova l’Alcazar de los Reyes Cristianos, di epoca trecentesca, costruito in piena lotta per la Riconquista ad opera di Alfonso XI di Castiglia. Al suo interno si possono ammirare preziosi mosaici e sarcofagi romani che decorano la Cappella dell'Inquisizione, oltre ai Bagni Reali e splendidi giardini (come il cosiddetto Paseo de los Reyes, in cui si trovano le statue di tutti i re che ebbero legami con l’alcazar), con cipressi e terrazze fiorite che costeggiano la solenne Avenida del Alcazar.
Siamo a due passi dalla Juderia, il quartiere ebraico di Cordova, inserito anch’esso nella lista dell’Unesco come Patrimonio Mondiale dell’Umanità, che si sviluppa dalla Porta di Almodovar, vicino alla medina musulmana, fino al punto dove sorge la Mezquita-Cattedrale. Piazze e vicoli incrociati raccontano un pezzo di storia Andalusa che risuona nei nomi che si incrociano nel dedalo di stradine retrostante la Mezquita, dove nacque il filosofo e matematico Maimonide. Quest’ultimo, figura di spicco della cultura araba e non solo, troneggia con una bella statua in bronzo nella Plazuela de Tiberiades che prende il nome dal luogo in cui si trova oggi la sua tomba, appunto a Tiberiade in Israele.
Una delle vie principali del quartiere è Calle Judios che si dipana dalla Porta di Almodovar (ingresso principale con bellissimi decori in stile mudejar, stucchi floreali e diverse scritte in ebraico), parallelamente alle mura della città (Murallas de la ciudad), ed è un tipico esempio di costruzione viaria dell’epoca musulmana basata sulla doppia necessità di far fronte alle alte temperature e di difendere il territorio. Monumento principe della Juderia è la Sinagoga, costruita nel 1315 in stile arabo, è oggi una delle tre sinagoghe medievali ancora esistenti in Spagna. Al suo interno è visibile una galleria superiore (l’area destinata alle donne) e la Stanza delle Preghiere finemente decorata. A poca distanza, lo Zoco, l’area dell’antico suq arabo che ancora oggi accoglie alcune botteghe artigiane.
Bisogna recarsi nell'area più settentrionale del centro storico, nella zona di Axerquia, per imbattersi nell'ennesimo volto di Cordova, quello cristiano, tramandato dalle numerose chiese (denominate Chiese Ferdinandee) che impreziosiscono ulteriormente il patrimonio artistico della città. La nuova epoca storica inizia nel XIII secolo con la conquista da parte di Re Ferdinando III, conosciuto come “il Santo”, che trasformò in poco tempo Cordova in un mirabile esempio di architettura cristiana medievale in cui vennero a fondersi diversi stili, dal romanico latino al gotico. Prima traccia di questo passaggio di poteri, fu la costruzione all'interno della Grande Moschea, della Cattedrale cristiana, intervento che venne effettuato sovrapponendosi alle precedenti costruzioni del periodo musulmano, scegliendo come luogo deputato, quello tra le aree di Almanzor e Abd-al-Rahman I, con il risultato inedito che tutt'oggi affascina chiunque visiti questo monumento frutto di un sincretismo stilistico senza precedenti.
Tra le chiese più belle da vedere, quelle di San Lorenzo, di San Paolo e la gotico medievale San Miguel, quest’ultima in posizione privilegiata nel centro della città, vicina alla Calle Cruz Conde. Nell'omonima piazza, la chiesa di San Lorenzo è, invece, uno dei più pregevoli esempi di architettura medievale a Cordova di cui spicca, in particolare, il portico di tre archi che precede l’ingresso principale, e l’imponente rosone centrale. E ancora, meritevoli sono la chiesa della Maddalena e quella di Santiago. Questi edifici religiosi sono più o meno tutti ubicati intorno a due piazze emblematiche e vitali della città: plaza de la Corredera con la sua famosa galleria porticata e plaza de las Tendillas. A queste va aggiunta la popolare plaza de Capuchinos con al centro una delle immagini più singolari di Cordova: il Cristo de los Faroles. La luce bianca dei candidi muri che la circondano esalta l’effetto drammatico restituito dal crocifisso barocco.
Se è vero che il passato riveste un ruolo importante nell'eredità non solo materiale, ma anche immateriale di un popolo, Cordova ne è di sicuro testimonianza. Quella che al tempo del Califfato si presentava come una delle più colte e raffinate città dell'Europa medievale, oggi è un pozzo di cultura inesauribile che non si relega solo nei recinti protetti del suo patrimonio mondiale artistico ed architettonico.
Altri luoghi deputati sono i musei, tanti ed eterogenei, che meritano anch'essi di essere visitati ed ammirati: il Palacio de Viana con i suoi 12 patii (noto anche, infatti, come Museo dei Patii), il Museo di Belle Arti che contiene un'interessante collezione di opere di artisti, per la maggior parte andalusi, il Museo di Julio Romero de Torres, il pittore la cui vita artistica si è intrecciata con quella di altre importanti figure del panorama culturale spagnolo di fine secolo, come Antonio e Manuel Machado o il poeta Francisco Villaespesa, tanto per citarne alcuni, la Casa de las Bulas (XVI secolo) che accoglie il Museo Taurino per una suggestiva immersione nel mondo delle (immancabili) corride.
Il Palazzo rinascimentale de los Paez de Castillejo ospita dal 1965 il Museo Archeologico di Cordova, considerato uno dei più completi di Spagna. Le sue otto stanze e i tre patii mostrano con dovizie documentate di particolari le diverse epoche e stili architettonici del patrimonio artistico della città dalla preistoria fino ad Al-Andalus, oltre a custodire molti degli oggetti ritrovati nel sito archeologico di Medina Azahara (Madinat al-Zahra).
La Medina Azahara è il più bello (e sfortunato) emblema del potere degli antichi principi musulmani a Cordova. Oggi non restano che poche rovine di quella sfarzosa e misteriosa città che Abd-al Rahman III volle edificare ai piedi della Sierra Morena, a otto chilometri circa dalla capitale. Secondo le narrazioni popolari, Abd-al Rahman III dedicò questa costruzione alla sua favorita, nonché sposa, Az-Zahra (che significa “il fiore”), durante gli otto anni del suo regno, dopo essersi autoproclamato califfo del Califfato Indipendente di Occidente nel 929 d.C. Ma è evidente, attenendosi alle cronache ufficiali, che un complesso archeologico del genere avesse come scopo ultimo quello di ostentare una eloquente immagine del nuovo Califfato, forte e poderoso, uno dei maggiori regni medievali di Europa.
Il risultato fu eclatante: ben 4300 colonne vennero utilizzate per la costruzione: un grandioso ingranaggio di terrazze, saloni, stanze su stanze con giardini annessi, cisterne e padiglioni. Uno sfarzo che, a detta dei cronisti dell’epoca, lasciava il visitatore senza fiato. Purtroppo tanta opulenza non impedì la sua completa distruzione, ad opera dei Berberi, subito dopo l’anno Mille. Recenti scavi e restauri stanno tuttavia portando alla luce la magnificenza di Medina Azahara mettendo in evidenza la sua disposizione su tre livelli: quello superiore (il palazzo del califfo con il Salón Alto) destinato ai nobili, il cosiddetto Alcazar, ricco di decorazioni pregiate e archi di pietre scolpite con motivi floreali; quello intermedio con i giardini, il salone dei ricevimenti (Salón Rico) e gli uffici di rappresentanza; l’ultimo livello, infine, occupato dalla moschea (Mezquita).
Concentrare la città andalusa in poche righe è un’impresa ardua. Così com’è praticamente impensabile volerla conoscere in una sola giornata. Siviglia è una bella donna, mollemente adagiata sul letto del Guadalquivir, raffinata, elegante, sicura di sé e del proprio fascino. Una donna caliente, specialmente se si percorrono le sue strade sotto il solleone di luglio e agosto. Osserviamo, quindi, alcune delle sue tante bellezze, con la consapevolezza di gettare solo uno sguardo sul capoluogo dell’Andalusia.
La Giralda e la Cattedrale sono i primi catalizzatori di sguardi. Monumento gotico di rara bellezza e maestosità, la quattrocentesca cattedrale di Siviglia, edificata in piena epoca di Riconquista sulle spoglie della moschea cittadina, è un’enorme costruzione scandita da archi rampanti, contrafforti e pinnacoli. L’interno, suddiviso in cinque navate, è un grandioso susseguirsi di cappelle, vetrate, cancellate che sublimano nella Capilla Mayor (spettacolare il retablo fiammingo) e nella Capilla Real. Dalla navata di sinistra si accede al Patio de los Naranjos, un aranceto contornato da arcate moresche, e alla Giralda. Simbolo cittadino, l’antico minareto del califfo Abu Yaqub Yusuf, trasformato in torre campanaria nel Cinquecento, raggiunge i 70 metri d’altezza ed è sormontato dal “Giraldillo”, la statua girevole, che simboleggia la Fede.
Completamente trasformati, i Reales Alcazares rappresentano un cocktail di stili architettonici. Antica fortezza romana, l’Alcazar è giunto ai giorni nostri attraverso molteplici rimaneggiamenti da parte araba, dei re cattolici e di Carlo V. Le migliori testimonianze del periodo arabo e mudejar sono il Patio de las Doncellas, il Salon de Embajadores, il Patio de las Munecas e i celebri giardini con palme e aranci. Di gusto chiaramente rinascimentale il Salon de Carlos V, impreziosito da arazzi di Bruxelles che narrano la conquista di Tunisi.
Ricco di fascino, il quartiere del Barrio di Santa Cruz, l’antico ghetto ebraico della città, è caratterizzato da piccole e raccolte piazze, strade strette e tortuose. Qui si respira l’atmosfera medioevale di una città che ha saputo valorizzare il proprio passato. Da non perdere l’Hospital de los Venerables. Chi è in vena di passeggiate rilassanti, non può assolutamente mancare una visita al Parco di Maria Luisa, un romantico giardino culminante nella novecentesca Plaza de España, il cui semicerchio, chiuso da due alte torri, illustra, attraverso 58 decorazioni in azulejos, un evento storico di ogni provincia spagnola.
Tra le altre attrazioni cittadine citiamo infine: la Plaza de San Francisco, la Calle de los Sierpes, il Palacio de la Condesa de Lebrija, la Casa de Pilatos, la Torre del Oro, l’Hospital de la Caridad, la basilica de la Macarena, il Convento di Santa Paula, il Museo di Belle Arti, magnifica pinacoteca dedicata alla pittura spagnola del “Siglo de Oro”, e La Maestranza, la celebre Plaza de toros.
Pochi chilometri da Siviglia, quasi nascosta dall'imponente mole del monastero di Sant’Isidoro del Campo, sorge Italica, un antico insediamento romano, fondato da Scipione l’Africano, nel 206 a.C. Il grande condottiero non è il solo nome altisonante di questo lembo di Roma in terra iberica: Italica, infatti, fu città natale di imperatori del calibro di Traiano, Adriano e Teodosio, nonché del poeta Silio Italico. Dell’antica città sono visitabili l’anfiteatro, che aveva la capacità di circa 25.000 spettatori, le terme, l’acquedotto e alcuni mosaici. I migliori reperti si trovano al Museo Archeologico di Siviglia.
La strada dei Pueblos Blancos
Un picco roccioso affacciato sul Guadalete. Arcos de la Frontera - tra edifici imbiancati a calce, palazzi mudejar, antiche chiese (su tutte la cinquecentesca Santa Maria de la Asuncion), conventi e palazzi signorili – è l’ideale punto di partenza per scoprire l’itinerario dei “Pueblos Blancos”, una strada di grande suggestione paesaggistica, caratterizzata dall’accecante bianco dei borghi che la punteggiano. Tra questi: Ubrique, Villaluenga del Rosario, Grazalema, Setenil, Oliera, Zahara de la Sierra, Bornos e, ovviamente, Ronda, la cui bellezza, però, merita un posto privilegiato.
Il Guadalevín taglia in due la Serranía de Ronda, con uno dei più impressionati canyon dell’intera penisola: è il “tajo” che, oltre a offrire il superbo spettacolo della natura, divide in due Ronda, una delle più belle città dell’Andalusia. Il settecentesco Puente Nuevo, costruito a oltre 90 metri d’altezza, sospeso sulle acque del Guadalevín, collega, infatti, la città nuova alla parte più antica: la ciudad di Ronda. Di impianto arabo, la città vecchia si dipana in un tortuoso dedalo di viuzze, da cui escono palazzi di moresca memoria. Tra questi la Casa del Rey Moro (l’attuale edificio risale però al XVII secolo), i Bagni Arabi (costruiti alla fine del XIII secolo e tra i meglio conservati della regione) e il Minareto di San Sebastian, quello che resta dell’antica moschea della città. Un’antica, bellissima, residenza araba ospita poi il Palacio de Mondragon, in cui è contenuto il museo cittadino.
Da non perdere la chiesa di Santa Maria la Mayor (come molti edifici sacri andalusi, costruita sui resti di una moschea), il Palazzo del Marchese di Salvatierra, il Ponte di San Miguel e il Ponte Vejo. Nella città più moderna, anche i più refrattari verso la tauromachia, non potranno fare a meno di visitare la splendida Plaza de toros, costruita in stile neoclassico nel 1785 e che conserva un originale Museo Taurino.
Granada
La storia della Spagna musulmana è un capitolo lungo e affascinante che, attraverso molteplici aspetti: militari, economici e culturali, ha coinvolto la penisola iberica dall'inizio del VIII secolo fino al termine del secolo XV. La campagna militare araba è rapida ed efficace, in soli tre anni gli eserciti dell’islam sottomettono la quasi totalità della penisola. La Spagna diviene così parte integrante di un impero di proporzioni colossali, esteso dalla Persia all’Africa settentrionale, sino all’Europa occidentale, la cui penetrazione nel continente europeo viene limitata dalla leggendaria battaglia di Poitiers vinta da Carlo Martello e ricordata, non senza una buona dose di ironia, da una splendida ballata di Fabrizio De Andrè.
L’anno 756 segna l’inizio dell’emirato indipendente di al-Andalus, dotato di una propria struttura giuridica e di un esercito permanente, un regno espressione di una società estremamente complessa. All’elemento arabo dominante si uniscono, infatti, guerrieri nordafricani, mozarabes (cristiani sottomessi), muladies (convertiti all’islam), schiavi ed ebrei. Una confluenza di culture, idee, religioni che produce un’autentica esplosione d’arte, di letteratura e di musica (sembra risalire a questo periodo la nascita del flamenco), che chiunque trascorra anche pochi giorni in Andalusia, ritrova all'interno di atmosfere magiche da “mille e una notte”.
L’ultimo baluardo arabo in terra spagnola si spegne, in una data davvero simbolica, con la conquista da parte dei re cattolici di Granada e con essa del suo magnifico palazzo, l’Alhambra, massima espressione dell’arte islamica andalusa. E’ il 1492, la Spagna si avvia a vivere il più glorioso periodo della sua storia. Entrare nell'Alhambra - la città-palazzo posta sulla rossa collina della Sabina, a Granada - significa immergersi nel sogno arabo del medioevo spagnolo. Il sogno di Yusuf I e Muhammad V, principali artefici del monumento, che si interseca, nella tipica commistione di stili che caratterizza tante città dell'Andalusia, con i tanti interventi cristiani che, fortunatamente, non hanno compromesso la grandiosità dell’opera dei Sultani spagnoli. L’Alhambra non è però un singolo monumento, ma un complesso esteso, per la cui visita occorre predisporre un’intera giornata, che si può dividere in tre aree principali: l’Alcazaba, i Palazzi Nasridi e il Generalife.
La Puerta de la Justicia costituisce il maestoso ingresso all’Alhambra e immediatamente lascia presagire la meraviglia custodita da questo patrimonio dell’umanità, visitato annualmente da oltre due milioni di turisti. Una seconda porta, quella del Vino, dischiude lo sguardo verso la zona militare, l’Alcazaba. Qui si susseguono una serie di torri: la Torre dell’Omaggio, quella della Vela, la Torre Spezzata, la Torre della Sultana, la Torre della polvere da sparo, infine la Torre delle Armi, collegate tra loro da una poderosa cinta muraria, un tempo separata dalla Medina (la città) da un ampio burrone, colmato in epoca cristiana. Il complesso militare, prospiciente alla Torre della Vela, presenta il cosiddetto Baluardo, sorta di terrapieno fortificato, costruito dai principi Nasridi al fine di piazzare adeguatamente i pezzi d’artiglieria.
La Casa Reale Antica, come venne definita all'epoca dell’imperatore Carlo V, comprende i nuclei più importanti e affascinanti dell’Alhambra: i Palazzi Nasridi comprendenti i Mexuar, Comares e Patio de los Leones. L’ingresso a questo complesso avviene dal Mexuar. Da qui in avanti, ad ogni passo, uno scorcio rapisce lo sguardo, il naso è sempre all’insù per ammirare soffitti, capitelli, decorazioni e archi in un crescendo continuo di emozioni. La Sala del Mexuar, probabilmente la parte più antica dell’alcazar reale, era la sede del Tribunale Reale che si riuniva nel riquadro formato da quattro colonne ornate da capitelli policromi. Bellissimo lo zoccolo di piastrellatura moresca in cui si alternano i blasoni della dinastia Nasride, quelli del Cardinale Mendoza e il simbolo imperiale dell’aquila bicefala. In fondo alla sala si apre l’Oratorio del Mexuar con l’immancabile nicchia decorata, il Mihrab, che indica la direzione della Mecca.
Il cortile del Mexuar, con la sua fontana in marmo bianco, immette poi nella Stanza Dorata, area in cui i visitatori attendevano prima di entrare a palazzo. Il soffitto, decorato con motivi gotici, è opera dei Re cattolici. Oltre la Stanza Dorata si apre il Cortile di Machuca, che prende il nome dall’architetto che progettò il palazzo di Carlo V, monumento simbolo di quella che si può definire “l’Alhambra cristiana”. Di chiara ispirazione rinascimentale italiana, presenta una pianta particolare: un patio circolare, di 42 metri di diametro, inscritto in un imponente quadrato. Il palazzo ospita il Museo dell’Alhambra.
Dopo una larga gradinata con tre scalini in marmo bianco si eleva la Fachada de Comares, sovrastata da una raffinata gronda in legno, dalla cui porta di sinistra si raggiunge il Patio de los Arrayanes, nell’area Comares. Il Cortile dei mirti (arrayan) costituiva il centro dell’attività politica e diplomatica. La sua vista lascia letteralmente senza fiato: la mole della Torre di Comares si riflette nell’immensa piscina, che pare magicamente sostenere le colonne sospese sull’acqua. Voluta da Muhammad V, la Galleria sud, con i suoi capitelli mocarabes alternati a capitelli cubici e a decorazioni in gesso e legno del portico a tre piani, chiude questo cortile di estasiante semplicità.
Analoga per struttura e bellezza è poi la Galleria nord da cui si raggiunge la Sala della Barca. Questa introduce al Salone del trono dove esplode la magnificenza della corte tra vetrate policrome, mosaici, zoccoli dai colori vivaci e un soffitto composto da 8.017 pezzi con rilievi sovrapposti di legno di cedro, affascinante rappresentazione dell’escatologia islamica in cui la terra è sormontata da sette cieli concentrici sovrapposti. La nicchia centrale del lato nord costituiva il trono.
Il Patio de Los Leones era, invece, la casa privata del Sultano e conteneva l’area riservata alle donne. Dal Patio degli Arrayanes si giunge a una selva di colonne dorate, i cui archi traforati sono sormontati, senza posa, dal motto nasride: “Allah è vincitore”. Al centro troneggia la Fontana dei Leoni composta da dodici leoni in marmo che reggono una vasca dodecagonale. Attigua è la Sala degli Abencerrajes, che prende il nome da un famiglia di notabili, secondo una leggenda trucidati in questa stessa sala. Il magnifico tetto di mocarabes forma una stella a otto punte.
Il vicino Patio dell’Harem, purtroppo, presenta un precario stadio di conservazione, mentre è ammirabile in tutto il suo splendore la spettacolare Sala dei Re, che occupa l’intero lato est del Patio dei Leoni. Divisa in cinque spazi, è un susseguirsi di luci e ombre intervallate da grandi archi in gesso riccamente decorati. La più antica delle sale che circondano il Patio de los Leones è la Sala de las Dos Hermanas, che prende il nome dalle due grandi lastre di marmo poste al suo centro. Da qui si accede alla Loggia di Lindaraja che si affaccia, con un’elegante bifora, sull’omonimo giardino.
Una menzione a parte meritano poi i Bagni posti tra il palazzo di Comares e il Patio dei Leones. Queste aree svolgevano una funzione collegata direttamente alla politica e alla diplomazia: erano un luogo estremamente piacevole dove svolgere pubbliche relazioni ai più elevati livelli. Inutile infine rammentare come l’acqua e le abluzioni rituali rivestano, per la religione islamica, un’importanza particolare. All’esterno dei Palazzi si estende poi il Partal, il portico con piscina che introduce ai lussureggianti giardini che accompagnano la passeggiata fino al Generalife.
Il Generalife è una specie di “eremo”, un luogo in cui il sovrano poteva appartarsi, riposare a contatto con la natura eppure, data la vicinanza con il palazzo, essere sempre presente per intervenire in caso di necessità. L’ingresso ai Giardini del Generalife, ricchi di fontane e giochi d’acqua, è guidato dal Viale dei Cipressi, conifera amata dagli arabi che si alterna, in questa esaltazione della natura, a mirto, bossi, roseti, viti, oleandri, aranci, nespoli, magnolie, arbusti, per un totale di oltre 160 specie. Patii e logge si alternano in un’oasi di pace e tranquillità.
Cordova
Pochi luoghi al mondo mantengono una così perfetta simbiosi con la storia come Cordova. Romani, visigoti, arabi, cristiani ed ebrei (e dunque imperatori, condottieri, califfi, fedeli e importanti uomini di cultura, filosofi ed artisti) hanno forgiato le sorti di una città nata sotto la buona stella di essere la “città del fiume Cetir”. Oggi lo stesso fiume, con il nome di Guadalquivir, delimita la posizione strategica che tutt'ora la città spagnola riveste, adagiata tra la Sierra Morena e la fertile Valle del Guadalquivir, nel cuore dell’Andalusia. Talmente forte è la testimonianza ancora viva di questo passato intessuto di glorie e sconfitte, onori ed oneri, progressi e recessioni che difficilmente si guarda a Cordova come ad una città all'avanguardia, figlia (anche) del suo tempo, che si intravede in strutture come il Palazzo dei Congressi o il HCCE (Historic Conference Centre of Europe), tanto per citarne alcune.
Tuttavia, rimane il suo patrimonio storico, culturale e architettonico, tutelato dall'Unesco e giustamente noto al mondo, il richiamo più forte della città, un concentrato di arte e architettura antica, di stili e tradizioni le più disparate, che rende Cordova un vero scrigno di tesori, museo a cielo aperto con scorci che conquistano in un solo sguardo. Nel cuore storico della città si dipana il fantastico mosaico che compone il patrimonio mondiale di Cordova e, in pieno stile Andaluso, l’imprinting più eclatante è quello restituito dalle atmosfere arabeggianti dovute alla dominazione musulmana che si fa risalire all'anno 711.
Il più importante monumento di questo periodo, nonché uno dei principali esempi di architettura sacra dell’Andalusia, è la Grande Moschea (Mezquita) o Cattedrale di Cordova. Insieme all’Alhambra di Granada è la più prestigiosa testimonianza della presenza islamica in Spagna dal VIII al XIII secolo. Era il 784 quando Abd al-Rahman I, il primo emiro Umayyad di Cordova, diede ordine di iniziare a costruire la moschea sul luogo dove prima sorgeva la chiesa visigota di San Vicente; i lavori furono ultimati soltanto nel 987, con i successori Al Hakam II e Almanzor.
Ben quattro fasi di costruzione, tra il VIII e il X secolo, hanno dato vita ad un monumento sublime, opera maestra dell’arte musulmana ed emblema assoluto del grande splendore conquistato dalla dinastia degli Omayyadi nella penisola iberica. All’esterno della Grande Moschea spiccano il Patio de los Naranjos da cui si può osservare il minareto di Abderrahman III, che fu inglobato in una torre barocca verso la fine del secolo XVI, la bella Porta del Perdono e, nel muro nord, l’altare con grate che ospita la Virgen de los Faroles, copia di un’opera del pittore nazionale, Julio Romero de Torres.
Nell'interno si viene quasi assaliti da un girotondo di colonne e arcate bicolori di grande effetto cromatico: ben 850 colonne di granito dominano la scena e spingono lo sguardo verso l'infinito. E’ ben visibile quello che fu il più significativo intervento effettuato da Al Hakam II, ovvero il sontuoso Mihrab con la cupola che lo precede, la Kibla, il muro devozionale, e le tre cupole della Maqsurah. In seguito alla riconquista cristiana ad opera del re Ferdinando III “il Santo”, nell’anno 1236, la Mezquita subì ulteriori modifiche e differenti integrazioni stilistiche (la Cappella Reale di Alfonso X, i due pulpiti di Michel de Verdiguier, lo spettacolare Coro del XVIII secolo impreziosito da stalli barocchi in mogano). Il risultato è un incredibile architettura, unica al mondo, in cui arabo, gotico, rinascimentale e barocco convivono in un vero e proprio intreccio di fedi, culture e stili.
L’insieme della Cattedrale, il fiume, la Porta del Ponte e lo stesso Ponte Romano restituiscono una delle immagini più suggestive di Cordova e dei suoi molti volti. Il Ponte Romano, che si getta per 240 metri sopra il fiume Guadalquivir, è uno splendido lascito dell’epoca latina risalente al I secolo a.C., emblema del culto imperiale e del momento di gloria vissuto dalla città durante il periodo romano, dopo la fondazione nel 169 da parte del pretore Claudio Marcello. Naturalmente la costruzione ha subito nel tempo modifiche e interventi, ereditando dal medioevo la sua struttura principale, a sedici archi. Al centro si erge la statua di San Rafael, opera del XVI secolo realizzata da Bernabé Gomez del Rio. Oltre allo scenografico ponte, altre testimonianze di questa epoca sono il Mausoleo, che andava a costituire parte della Necropoli romana occidentale della città, un Tempio dell’epoca Flavia con capitelli corinzi originali e l’Anfiteatro, recentemente scoperto, il terzo più grande dell’Impero Romano, dopo il Colosseo e quello di Cartagine.
Al di là del ponte sorge la Torre de la Calahorra, fortezza araba che ha rivestito un ruolo militare strategico nel XIV secolo quando Enrico II di Trastamara la fece ricostruire per difendere Cordova contro suo fratello Pedro I “il crudele”. Oggi il monumento ospita il Museo Storico di Al-Andalus che offre una interessante esibizione dell’incontro delle tre culture – cristiana, ebraica e musulmana – che intrecciarono i loro destini a Cordova durante l’epoca musulmana del Califfato di Al-Andalus. Fu questo un momento di grande splendore per la città, l’epoca d’oro che vide gravitare alle sue porte i più importanti uomini d’arte, di scienza e di cultura.
Poco distante dalla Mezquita si trova l’Alcazar de los Reyes Cristianos, di epoca trecentesca, costruito in piena lotta per la Riconquista ad opera di Alfonso XI di Castiglia. Al suo interno si possono ammirare preziosi mosaici e sarcofagi romani che decorano la Cappella dell'Inquisizione, oltre ai Bagni Reali e splendidi giardini (come il cosiddetto Paseo de los Reyes, in cui si trovano le statue di tutti i re che ebbero legami con l’alcazar), con cipressi e terrazze fiorite che costeggiano la solenne Avenida del Alcazar.
Siamo a due passi dalla Juderia, il quartiere ebraico di Cordova, inserito anch’esso nella lista dell’Unesco come Patrimonio Mondiale dell’Umanità, che si sviluppa dalla Porta di Almodovar, vicino alla medina musulmana, fino al punto dove sorge la Mezquita-Cattedrale. Piazze e vicoli incrociati raccontano un pezzo di storia Andalusa che risuona nei nomi che si incrociano nel dedalo di stradine retrostante la Mezquita, dove nacque il filosofo e matematico Maimonide. Quest’ultimo, figura di spicco della cultura araba e non solo, troneggia con una bella statua in bronzo nella Plazuela de Tiberiades che prende il nome dal luogo in cui si trova oggi la sua tomba, appunto a Tiberiade in Israele.
Una delle vie principali del quartiere è Calle Judios che si dipana dalla Porta di Almodovar (ingresso principale con bellissimi decori in stile mudejar, stucchi floreali e diverse scritte in ebraico), parallelamente alle mura della città (Murallas de la ciudad), ed è un tipico esempio di costruzione viaria dell’epoca musulmana basata sulla doppia necessità di far fronte alle alte temperature e di difendere il territorio. Monumento principe della Juderia è la Sinagoga, costruita nel 1315 in stile arabo, è oggi una delle tre sinagoghe medievali ancora esistenti in Spagna. Al suo interno è visibile una galleria superiore (l’area destinata alle donne) e la Stanza delle Preghiere finemente decorata. A poca distanza, lo Zoco, l’area dell’antico suq arabo che ancora oggi accoglie alcune botteghe artigiane.
Bisogna recarsi nell'area più settentrionale del centro storico, nella zona di Axerquia, per imbattersi nell'ennesimo volto di Cordova, quello cristiano, tramandato dalle numerose chiese (denominate Chiese Ferdinandee) che impreziosiscono ulteriormente il patrimonio artistico della città. La nuova epoca storica inizia nel XIII secolo con la conquista da parte di Re Ferdinando III, conosciuto come “il Santo”, che trasformò in poco tempo Cordova in un mirabile esempio di architettura cristiana medievale in cui vennero a fondersi diversi stili, dal romanico latino al gotico. Prima traccia di questo passaggio di poteri, fu la costruzione all'interno della Grande Moschea, della Cattedrale cristiana, intervento che venne effettuato sovrapponendosi alle precedenti costruzioni del periodo musulmano, scegliendo come luogo deputato, quello tra le aree di Almanzor e Abd-al-Rahman I, con il risultato inedito che tutt'oggi affascina chiunque visiti questo monumento frutto di un sincretismo stilistico senza precedenti.
Tra le chiese più belle da vedere, quelle di San Lorenzo, di San Paolo e la gotico medievale San Miguel, quest’ultima in posizione privilegiata nel centro della città, vicina alla Calle Cruz Conde. Nell'omonima piazza, la chiesa di San Lorenzo è, invece, uno dei più pregevoli esempi di architettura medievale a Cordova di cui spicca, in particolare, il portico di tre archi che precede l’ingresso principale, e l’imponente rosone centrale. E ancora, meritevoli sono la chiesa della Maddalena e quella di Santiago. Questi edifici religiosi sono più o meno tutti ubicati intorno a due piazze emblematiche e vitali della città: plaza de la Corredera con la sua famosa galleria porticata e plaza de las Tendillas. A queste va aggiunta la popolare plaza de Capuchinos con al centro una delle immagini più singolari di Cordova: il Cristo de los Faroles. La luce bianca dei candidi muri che la circondano esalta l’effetto drammatico restituito dal crocifisso barocco.
Se è vero che il passato riveste un ruolo importante nell'eredità non solo materiale, ma anche immateriale di un popolo, Cordova ne è di sicuro testimonianza. Quella che al tempo del Califfato si presentava come una delle più colte e raffinate città dell'Europa medievale, oggi è un pozzo di cultura inesauribile che non si relega solo nei recinti protetti del suo patrimonio mondiale artistico ed architettonico.
Altri luoghi deputati sono i musei, tanti ed eterogenei, che meritano anch'essi di essere visitati ed ammirati: il Palacio de Viana con i suoi 12 patii (noto anche, infatti, come Museo dei Patii), il Museo di Belle Arti che contiene un'interessante collezione di opere di artisti, per la maggior parte andalusi, il Museo di Julio Romero de Torres, il pittore la cui vita artistica si è intrecciata con quella di altre importanti figure del panorama culturale spagnolo di fine secolo, come Antonio e Manuel Machado o il poeta Francisco Villaespesa, tanto per citarne alcuni, la Casa de las Bulas (XVI secolo) che accoglie il Museo Taurino per una suggestiva immersione nel mondo delle (immancabili) corride.
Il Palazzo rinascimentale de los Paez de Castillejo ospita dal 1965 il Museo Archeologico di Cordova, considerato uno dei più completi di Spagna. Le sue otto stanze e i tre patii mostrano con dovizie documentate di particolari le diverse epoche e stili architettonici del patrimonio artistico della città dalla preistoria fino ad Al-Andalus, oltre a custodire molti degli oggetti ritrovati nel sito archeologico di Medina Azahara (Madinat al-Zahra).
La Medina Azahara è il più bello (e sfortunato) emblema del potere degli antichi principi musulmani a Cordova. Oggi non restano che poche rovine di quella sfarzosa e misteriosa città che Abd-al Rahman III volle edificare ai piedi della Sierra Morena, a otto chilometri circa dalla capitale. Secondo le narrazioni popolari, Abd-al Rahman III dedicò questa costruzione alla sua favorita, nonché sposa, Az-Zahra (che significa “il fiore”), durante gli otto anni del suo regno, dopo essersi autoproclamato califfo del Califfato Indipendente di Occidente nel 929 d.C. Ma è evidente, attenendosi alle cronache ufficiali, che un complesso archeologico del genere avesse come scopo ultimo quello di ostentare una eloquente immagine del nuovo Califfato, forte e poderoso, uno dei maggiori regni medievali di Europa.
Il risultato fu eclatante: ben 4300 colonne vennero utilizzate per la costruzione: un grandioso ingranaggio di terrazze, saloni, stanze su stanze con giardini annessi, cisterne e padiglioni. Uno sfarzo che, a detta dei cronisti dell’epoca, lasciava il visitatore senza fiato. Purtroppo tanta opulenza non impedì la sua completa distruzione, ad opera dei Berberi, subito dopo l’anno Mille. Recenti scavi e restauri stanno tuttavia portando alla luce la magnificenza di Medina Azahara mettendo in evidenza la sua disposizione su tre livelli: quello superiore (il palazzo del califfo con il Salón Alto) destinato ai nobili, il cosiddetto Alcazar, ricco di decorazioni pregiate e archi di pietre scolpite con motivi floreali; quello intermedio con i giardini, il salone dei ricevimenti (Salón Rico) e gli uffici di rappresentanza; l’ultimo livello, infine, occupato dalla moschea (Mezquita).