Como: città d'arte in alta Lombardia
Quando si ha la fortuna di sorgere sulle sponde di un lago magnifico, com’è accaduto alla città di Como, spesso ci si dimentica di tanti altri aspetti. Il Lario diviene un catalizzatore che cannibalizza tutto e tutti. Pochi metri di spiaggia venduti all’idolo di Hollywood, o la megavilla con parco dei campioni della pedata, riescono a sopraffare cultura e bellezza. Como, la meravigliosa città d'arte dell’alta Lombardia è così schiacciata dalle incombenti prealpi, dal suo stesso lago e da una viabilità quasi sempre al limite del collasso, che non trova mai il tempo di soffermarsi ad ammirare gioielli architettonici che, altrove, sarebbero segnalati a chilometri di distanza.
Testo e foto di Cristiano Pinotti
Passeggiando nelle strette vie della cosiddetta “città murata” si ha l’immediata percezione di essere in un castrum romano. L’intreccio viario ortogonale, unito alla massiccia presenza di edifici storici, di età compresa tra il XVII e il XVIII secolo, rimandano immediatamente ad antiche città, cinte da poderose mura difensive. Ma in verità, dell’antico giro delle mura, attualmente restano poche vestigia, tutte sul lato sud, in direzione Milano: Porta Torre, risalente al XII secolo, e le torri pentagonali di San Vitale e Porta Nuova. Gran parte della città murata, che conserva alcuni dei monumenti più interessanti della città, è chiusa al traffico automobilistico.
Provenendo da piazza Cavour, il grande slargo che dà sul primo bacino del Lario, si coglie, solo di traverso, il profilo del Duomo, in gran parte coperto dalla mole del Broletto. Sulla destra si apre poi una piazza, lunga e stretta, che non permette un’agevole visione della facciata. Peculiarità che ricordano come l’attuale cattedrale di Como sia stata inserita, quasi a forza, nell’angusto impianto cittadino medioevale, inglobando l’antica chiesa di Santa Maria Maggiore, e alle spese del Broletto stesso, della chiesa di San Giacomo e del Palazzo Pretorio, completamente scomparso. Un intervento urbanistico immenso, che giustifica l’enorme tempo di costruzione, dal 1396 al 1740, anno in cui fu completata la cupola progettata da Filippo Juvarra, architetto messinese, attivo specialmente in Piemonte e in Spagna.
Le tre ampie navate del duomo si aprono su una facciata in stile gotico, ma con evidenti elementi rinascimentali, costruita nella seconda metà del Quattrocento. La facciata è impreziosita da una notevolissima decorazione scultorea, eseguita in gran parte dagli artisti della famiglia Rodari. Proprio a Jacopo e Tommaso Rodari si devono, ai lati del portone maggiore, i due splendidi podii con le statue dedicate a Plinio il Giovane e Plinio il Vecchio. Sempre ai Rodari sono attribuite le belle porte dei due fianchi, tra cui la famosa Porta della Rana. L’interno è ricco di opere d’arte tra le quali spiccano un ciclo di arazzi del XVI secolo, grandiose pale d’altare a un’ancona lignea che narra la vita di Sant’Abbondio, patrono della città.
Risalente al primo Duecento, il Broletto rappresenta la tipica costruzione di età comunale, caratterizzata da fasce marmoree bianche, grigie e rosse. Bellissimo il vasto porticato del piano terreno, sovrastato da grandi polifore che danno luce alle ampie sale di rappresentanza poste al primo piano. Purtroppo, le manomissioni causate dalla costruzione della cattedrale ci hanno privato di due campate e dello scalone principale.
Seguendo via Vittorio Emanuele II, arteria pedonale tra le più frequentate per motivi di shopping, si giunge in una piazzetta dal selciato sconnesso e con notevoli pendenze. È Piazza San Fedele, la più interessante piazza dell’intera città. A sud, lo spazio è dominato da alcune case a traliccio di epoca rinascimentale, che danno a sbalzo su quello che, fino all’ottocento, era il foro annonario, la frequentatissima piazza del mercato.
Dirimpetto ecco la facciata, novecentesca, della basilica di San Fedele (Sec. XII), che ingloba la chiesa paleocristiana di Sant’Eufemia. La facciata, ma anche l’interno, rimaneggiato secondo linee rinascimentali e barocche, non traggano in inganno, questa basilica è un frutto, meraviglioso, del medioevo. La parte absidale, l’unica originale e che conserva anche un bellissimo portale cuspidato, è infatti un elogio al romanico e testimonia l’antichità della costruzione. San Fedele, completamente inglobata negli edifici circostanti, non può mai essere osservata nella sua pienezza e si concede allo sguardo dei visitatori, o con la facciata o con l’abside.
Appena fuori la città murata, a poche decine di metri dall’abside del duomo, si erge Palazzo Terragni, attualmente sede del comando della Guardia di Finanza. Costruita nel 1932-36, l’ex Casa del Fascio è certamente l’opera più importante del maggiore esponente del razionalismo architettonico italiano, Giuseppe Terragni. Senza dubbio siamo di fronte a una delle migliori opere dell’architettura italiana del Novecento: la struttura, infatti, è un attento studio matematico di intersezione tra piani e superfici che, nel cortile centrale riprende l'impostazione tipica della domus latina. Un cubo di pietra, senza alcun orpello ornamentale, che vive sul continuo gioco di pieni e vuoti. Il grande architetto ha lasciato in eredità alla città di Como anche il Novocomun, palazzo per appartamenti progettato nel ’27, e l’Asilo Sant’Elia, del 1936-37.
Tra i giardini pubblici e il lago si staglia un tempietto classicheggiante, la cui effigie ha ornato, per anni, le banconote da 10.000 lire. È il mausoleo dedicato ad Alessandro Volta e che racchiude ricordi e testimonianze relative alla vita e all’opera del grande scienziato. Sempre in riva al lago, in direzione Cernobbio, poco distante dal centro storico cittadino, si può ammirare la settecentesca Villa Olmo, decisamente apprezzabile per il parco e i ricchi interni, che attualmente ospitano mostre, congressi e meeting internazionali. La villa fa parte di un percorso che collega le più interessanti costruzioni patrizie, che punteggiano la riva del lago tra Como e Cernobbio.
Discosta dalla città murata, seminascosta da una ridda di edifici da cui spuntano esclusivamente le sue due alte torri, si erge la chiesa più affascinante di Como: Sant’Abbondio. Datata XI secolo, è la chiesa che meglio ha conservato i suoi tratti originali che parlano la lingua di un possente e slanciato romanico. Poderosa costruzione a cinque navate, pur risentendo di influssi transalpini, è il meraviglioso frutto del lavoro di maestranze locali. All’interno, sotto la classica copertura a volta delle chiese romaniche di Lombardia, l’abside è splendidamente ornato da un importante ciclo di affreschi di epoca trecentesca. Ai margini delle consuete rotte turistiche, decisamente lontana dal lago, le pietre di Sant’Abbondio rivelano una spiritualità antica, affascinano con una bellezza senza tempo, danno modo, anche ai non credenti, di raccogliere i propri pensieri, di respirare un’atmosfera che non conosce fretta, traffico e frenesia.
Provenendo da piazza Cavour, il grande slargo che dà sul primo bacino del Lario, si coglie, solo di traverso, il profilo del Duomo, in gran parte coperto dalla mole del Broletto. Sulla destra si apre poi una piazza, lunga e stretta, che non permette un’agevole visione della facciata. Peculiarità che ricordano come l’attuale cattedrale di Como sia stata inserita, quasi a forza, nell’angusto impianto cittadino medioevale, inglobando l’antica chiesa di Santa Maria Maggiore, e alle spese del Broletto stesso, della chiesa di San Giacomo e del Palazzo Pretorio, completamente scomparso. Un intervento urbanistico immenso, che giustifica l’enorme tempo di costruzione, dal 1396 al 1740, anno in cui fu completata la cupola progettata da Filippo Juvarra, architetto messinese, attivo specialmente in Piemonte e in Spagna.
Le tre ampie navate del duomo si aprono su una facciata in stile gotico, ma con evidenti elementi rinascimentali, costruita nella seconda metà del Quattrocento. La facciata è impreziosita da una notevolissima decorazione scultorea, eseguita in gran parte dagli artisti della famiglia Rodari. Proprio a Jacopo e Tommaso Rodari si devono, ai lati del portone maggiore, i due splendidi podii con le statue dedicate a Plinio il Giovane e Plinio il Vecchio. Sempre ai Rodari sono attribuite le belle porte dei due fianchi, tra cui la famosa Porta della Rana. L’interno è ricco di opere d’arte tra le quali spiccano un ciclo di arazzi del XVI secolo, grandiose pale d’altare a un’ancona lignea che narra la vita di Sant’Abbondio, patrono della città.
Risalente al primo Duecento, il Broletto rappresenta la tipica costruzione di età comunale, caratterizzata da fasce marmoree bianche, grigie e rosse. Bellissimo il vasto porticato del piano terreno, sovrastato da grandi polifore che danno luce alle ampie sale di rappresentanza poste al primo piano. Purtroppo, le manomissioni causate dalla costruzione della cattedrale ci hanno privato di due campate e dello scalone principale.
Seguendo via Vittorio Emanuele II, arteria pedonale tra le più frequentate per motivi di shopping, si giunge in una piazzetta dal selciato sconnesso e con notevoli pendenze. È Piazza San Fedele, la più interessante piazza dell’intera città. A sud, lo spazio è dominato da alcune case a traliccio di epoca rinascimentale, che danno a sbalzo su quello che, fino all’ottocento, era il foro annonario, la frequentatissima piazza del mercato.
Dirimpetto ecco la facciata, novecentesca, della basilica di San Fedele (Sec. XII), che ingloba la chiesa paleocristiana di Sant’Eufemia. La facciata, ma anche l’interno, rimaneggiato secondo linee rinascimentali e barocche, non traggano in inganno, questa basilica è un frutto, meraviglioso, del medioevo. La parte absidale, l’unica originale e che conserva anche un bellissimo portale cuspidato, è infatti un elogio al romanico e testimonia l’antichità della costruzione. San Fedele, completamente inglobata negli edifici circostanti, non può mai essere osservata nella sua pienezza e si concede allo sguardo dei visitatori, o con la facciata o con l’abside.
Appena fuori la città murata, a poche decine di metri dall’abside del duomo, si erge Palazzo Terragni, attualmente sede del comando della Guardia di Finanza. Costruita nel 1932-36, l’ex Casa del Fascio è certamente l’opera più importante del maggiore esponente del razionalismo architettonico italiano, Giuseppe Terragni. Senza dubbio siamo di fronte a una delle migliori opere dell’architettura italiana del Novecento: la struttura, infatti, è un attento studio matematico di intersezione tra piani e superfici che, nel cortile centrale riprende l'impostazione tipica della domus latina. Un cubo di pietra, senza alcun orpello ornamentale, che vive sul continuo gioco di pieni e vuoti. Il grande architetto ha lasciato in eredità alla città di Como anche il Novocomun, palazzo per appartamenti progettato nel ’27, e l’Asilo Sant’Elia, del 1936-37.
Tra i giardini pubblici e il lago si staglia un tempietto classicheggiante, la cui effigie ha ornato, per anni, le banconote da 10.000 lire. È il mausoleo dedicato ad Alessandro Volta e che racchiude ricordi e testimonianze relative alla vita e all’opera del grande scienziato. Sempre in riva al lago, in direzione Cernobbio, poco distante dal centro storico cittadino, si può ammirare la settecentesca Villa Olmo, decisamente apprezzabile per il parco e i ricchi interni, che attualmente ospitano mostre, congressi e meeting internazionali. La villa fa parte di un percorso che collega le più interessanti costruzioni patrizie, che punteggiano la riva del lago tra Como e Cernobbio.
Discosta dalla città murata, seminascosta da una ridda di edifici da cui spuntano esclusivamente le sue due alte torri, si erge la chiesa più affascinante di Como: Sant’Abbondio. Datata XI secolo, è la chiesa che meglio ha conservato i suoi tratti originali che parlano la lingua di un possente e slanciato romanico. Poderosa costruzione a cinque navate, pur risentendo di influssi transalpini, è il meraviglioso frutto del lavoro di maestranze locali. All’interno, sotto la classica copertura a volta delle chiese romaniche di Lombardia, l’abside è splendidamente ornato da un importante ciclo di affreschi di epoca trecentesca. Ai margini delle consuete rotte turistiche, decisamente lontana dal lago, le pietre di Sant’Abbondio rivelano una spiritualità antica, affascinano con una bellezza senza tempo, danno modo, anche ai non credenti, di raccogliere i propri pensieri, di respirare un’atmosfera che non conosce fretta, traffico e frenesia.