Spagna: Gran Canaria
Una rotonda sul mare. Proprio così si presenta Gran Canaria, l’isola dell’Arcipelago delle Canarie dove il sole splende tutto l’anno con una temperatura che, anche durante l’inverno, non scende mai sotto i 19 gradi. Questo pezzo di Spagna che emerge in posizione privilegiata nell'Atlantico, a soli 210 km dalla costa occidentale dell’Africa, racchiude talmente tanti aspetti e sfaccettature geo-culturali che è difficile riassumerla in una qualche definizione.
Testo e foto a cura della redazione
E’ sì l’isola più popolosa dell’arcipelago e ne ospita la città più grande, Las Palmas de Gran Canaria. E’ sì l’isola a forma conica dove splendono alcune delle spiagge più famose (e protette) d’Europa (su tutte, Maspalomas con le sue dune e lagune dichiarate Paraje Natural de Interes Nacional Dunas de Maspalomas), meta ambita di un turismo balneare improntato al divertimento di qualità. Ma dietro agli aspetti maggiormente noti di una destinazione che fa subito spontaneamente pensare al mare, Gran Canaria merita di essere svelata per quello che realmente è: un “continente in miniatura”, da scoprire e da vivere per il suo reale interesse. Vegetazione lussureggiante subtropicale a un passo dal grande nulla roccioso e desertico, un litorale preso d’assalto e un entroterra che si rivela nicchia da intenditori amanti del trekking e sperimentatori di una nuova tendenza che sta prendendo sempre più piede: il turismo rurale.
Forte della sua formazione geologica di origine vulcanica, Gran Canaria è divisa da un asse formato dai burroni di Tirajana e di Agaete, che sono i principali assi attorno ai quali ruota l’enorme contrasto tra il Nord ed il Sud. L’eterogeneità degli ecosistemi racchiusi nell’isola trova corrispondenza in quel 43% circa di territorio nazionale protetto che equivale a quasi 66.571 ettari di terreno. Una risorsa naturalistica inestimabile (tutta l’isola, del resto, è tutelata come Riserva della Biosfera), attorno alla quale ruota una fitta rete di case rurali centenarie e restaurate, una altrettanto fitta rete di sentieri chiamati “Caminos reales”, recentemente recuperati e appartenenti al patrimonio storico-culturale dell’isola, una buona dose di strutture tipiche riconvertite al turismo rurale di charme note con il nome di “Paradores” (famosissime in tutta la Spagna), che si distinguono proprio per la bellezza del paesaggio e per l’alto valore culturale.
Qualsiasi itinerario può essere stabilito con grande disinvoltura e facilità direttamente in loco, vista l’efficienza dei trasporti e le brevi distanze da una parte all’altra del mini-continente che fanno di Gran Canaria un’isola davvero a misura d’uomo e, soprattutto, di viaggiatore indipendente. Basti pensare che per raggiungere la capitale Las Palmas, a nord dell’isola partendo dalla parte opposta, ci vogliono poco più di 40 minuti di auto.
Il nostro itinerario parte dal sabbioso sud, la terra dorata dagli arenili generosi di sabbia, ventilata, ma senza esagerare, dalle brezze atlantiche tanto care ai surfisti. Siamo nel comune di San Bartolomé de Tirajana, presso l’estremità meridionale dell’isola dove sorge quello che è indubbiamente il punto più turistico di tutta Gran Canaria, Maspalomas. E’ questa una zona molto interessante dal punto di vista ambientale: celebri le dune da deserto africano che immortalano Maspalomas nei molti paesaggi da cartolina e di cui conviene sapere qualche dato in più dal momento che fanno parte di una zona dichiarata “spazio naturale protetto” occupante circa 400 ettari.
Queste dune, plasmate dalla sabbia proveniente dalle coste desertiche del Marocco per mezzo dei venti che soffiano da est verso l’Atlantico, si estendono lungo 17 chilometri di costa, disposte tra piccoli gruppi di palme attorno a specchi di acqua salmastra che danno vita ad una vera e propria laguna nota come La Charca (Lo Stagno), dove trovano il loro habitat ideale numerose specie di uccelli e invertebrati nonché rare piante, alcune autoctone delle isole Canarie. Le Dune (Dunas) e il Palmizio (Palmeral) vanno a creare, insieme alla Charca, un mix di tre ecosistemi del tutto peculiare che ha portato nel tempo (1994) a tutelare l’intera zona come Paraje Natural de Intere Nacional Dunas de Maspalomas.
Se durante l’inverno la Charca diventa il rifugio degli uccelli migratori provenienti dall’Europa per svernare nel continente africano, durante il resto dell’anno l’oasi allieta i viaggiatori che, numerosi, affollano le spiagge, gli stabilimenti e le molteplici attrazioni del litorale: da Meloneras a Maspalomas, da San Augustìn a Playa del Inglés. Come simbolo architettonico del lungo e mondano paseo maritimo che da Meloneras conduce a Maspalomas e viceversa, si erge il Faro alto 55 metri. Un tempo unica costruzione alla fine della vasta distesa di spiaggia che iniziava con quella attualmente chiamata Playa del Inglés e che terminava nelle vicinanze dell’Oasi, oggi il Faro di Maspalomas è il centro strategico di un’affollata zona di passeggio dove trovano posto boutique, centri commerciali, locali, ristoranti oltre che hotel e Spa tra i più lussuosi dell’isola.
Oggi che il volto dinamico di Maspalomas si sta ridefinendo sempre più verso una riconversione architettonica improntata su design e avanguardia (pensiamo all'Expo Meloneras così come al moderno Centro de Convenciones y Congresos), il Faro si staglia quasi come un romantico ricordo di un’epoca ormai molto lontana. Era il 1861, infatti, quando si pensò di costruire un piccolo attracco per lo scarico dei materiali che potevano essere trasportati solo via mare e il luogo era deserto e disabitato. Tant’è. Oggi la sua sagoma imperiosa aggiunge luce alla luce delle insegne al neon dei molti locali che alimentano la giustamente famosa movida serale del luogo. Da questo ambiente salmastro, marino, sabbioso e charmant dal tocco internazionale, ma anche molto disinvolto e poco formale, ci si può trasferire in pochi minuti in un altro mondo senza varcare i confini nazionali.
Attraversando il cuore dell’isola ci si proietta in un far west di montagne, valli profonde e boschi, quell’entroterra selvaggio dove pulsa la “Cumbre” (zona montagnosa più alta) canaria addentrandosi tra la vegetazione rigogliosa del nord e i paesaggi rocciosi dell’ovest. E’ qui che il turismo prende un’altra piega, silenziosa e intimista, rilassante e attiva. In una parola: rurale. Percorrendo questa zona ci si imbatte in cittadine che sembrano fuori dal tempo, villaggi suggestivi che richiamano alla memoria altri lidi e altri continenti – Tunisia e Marocco ad esempio – oppure, giocando in casa, altre realtà molto peculiari, come l’Andalusia. Appaiono casette colorate, inerpicate su vicoli acciottolati e circondate da palme, vegetazione subtropicale, mentre all’orizzonte si stagliano montagne altissime che sembra di poter toccare con la mano. Qua e là, alloggi rurali e fattorie immersi in giardini rigogliosi e in un silenzio inverosimile.
Fataga, Tejeda, La Vega di San Mateo, Santa Brigida sono solo alcune delle piacevoli sorprese dell’entroterra canario dirigendosi verso il nord-ovest, prima di imbattersi in un altro dei simboli di Gran Canaria: El Fraile (Il Frate), una roccia così chiamata perché la sagoma ricorda quella di un frate. Insieme al Fraile, dominano la Cumbre gli altri monoliti di Gran Canaria, capolavori di pietra ben visibili dal Mirador Pico de los Nieves: il Roque Bentayga (1404 metri), il Pozo de las Nieves (il più alto rilievo di Gran Canaria con i suoi 1949 metri) e il Roque Nublo, un enorme monolito di basalto che si erge per una settantina di metri come risultato delle attività vulcaniche pleistoceniche. E’ questo il monumento naturale emblema degli abitanti, situato a 1813 metri sul livello del mare. Dall’alto del mirador si può assistere allo spettacolo di quel caos geologico che lo scrittore spagnolo Miguel de Unamuno definì poeticamente come una “tempesta pietrificata”. E sullo sfondo, con le giornate limpide, è visibile perfettamente il Pico del Teide, vulcano simbolo della vicina Tenerife.
La Cruz de Tejeda, un piccolo monumento in pietra verdastra che si trova nell’omonimo villaggio di 1000 abitanti circa, segna il punto più centrale dell’isola. E proprio qui, in uno dei punti più alti del territorio comunale (1560 metri circa) si trova il Parador de Tejeda, gioiello della filosofia rurale di Gran Canaria. Completamente restaurato e riaperto al pubblico da poco, il parador de naturaleza nasce da un’opera di riconversione dell’antica Hosteria de Cruz de Tejeda. Oggi le sue 43 abitazioni accolgono i viaggiatori interessati ad un contatto con la natura che non finisca con le escursioni ma che li segua, appunto, fino alle stanze dell’albergo dove eventualmente decidono di soggiornare. L’architettura del Parador, oltre ad essere in tipico stile canario, aderisce ai principi primi dell’eco-sostenibilità in cui l’ambiente ha la prima e l’ultima parola. Dalla sua terrazza si gode di una delle viste più belle e panoramiche di Gran Canaria che contempla i monoliti isolani in un colpo d’occhio.
Hotel nella natura, vecchi casali ristrutturati e case rurali assimilabili ai nostri agriturismi costellano l’entroterra di Gran Canaria incoraggiando un’offerta che da qualche anno si è andata via via incrementando. Tra le soste suggerite in questo itinerario, la Casa del Vino di Gran Canaria nel villaggio di Santa Brigida: l’edificio storico è il luogo ideale per degustazioni di tutte le varietà vinicole che offre l’isola, dai vini rossi ai bianchi, fruttati e molto aromatici, molti dei quali hanno il marchio di Denominazione d’Origine. A meno di 10 chilometri ad ovest di Santa Brigida si adagia Vega de San Mateo, un altro dei villaggi più caratteristici situati proprio nel cuore dell'isola, la cui metà del territorio fa parte dell’area protetta di Las Cumbres, tanto per ribadire l’endemica vocazione naturalistica dell’isola. Qui una tappa interessante al fine di conoscere qualcosa in più del passato contadino della regione è il Museo Historico Etnografico Cho Zacarias che si trova lungo la Avenida de Tinamar e che espone utensili legati all’agricoltura, tessuti ed elementi di arredo.
Tutto da queste parti ricorda le origini di un’isola che ha avuto (e continua ad avere) con la terra un legame non meno forte di quello con il mare: le ampie zone coltivate così come le distese brulle che delineano il peculiare aspetto dell’entroterra, sempre ad un passo dalla linea dell'orizzonte dove è possibile scorgere il blu dell’oceano, sono solchi profondi di una memoria collettiva che coinvolge e incanta e che riluce ancora di immagini ancestrali legate ai primi abitanti dell’isola: i Guanchi (chiamati anche “los canarios”), popolo di coltivatori e contadini. Un souvenir tipico da portarsi a casa dopo aver attraversato l’entroterra è, non a caso, la singolare statua della dea della fertilità, non senza aver prima avvistato un albero del Drago, re della flora delle Canarie, antico come i Guanchi e anch’esso simbolo di un passato che affonda le radici nel mito.
E’ questo un albero del genere dracena (Dracaena drago, monocotiledone della famiglia delle liliacee) che assomiglia ad una palma dal tronco ramificato e che può raggiungere dimensioni notevoli. L’entroterra canario è uno dei posti migliori dove avvistare alcuni di questi esemplari, anche se il più antico pare essere quello del villaggio di Icod (ad ovest di Tenerife) che si stima abbia 2300 anni. Gli aborigeni ne utilizzavano la linfa rossa (il sangue del drago) a scopi curativi. Oggi questo albero sacro la cui origine si perde nella notte dei tempi, condivide lo spazio con i ritmi della modernità (spesso se ne vedono persino ai margini di strade non esenti dal passaggio automobilistico) che tuttavia, da queste parti scorre più lenta concedendo quel respiro necessario a preservare il patrimonio naturalistico che letteralmente invade Gran Canaria.
Forte della sua formazione geologica di origine vulcanica, Gran Canaria è divisa da un asse formato dai burroni di Tirajana e di Agaete, che sono i principali assi attorno ai quali ruota l’enorme contrasto tra il Nord ed il Sud. L’eterogeneità degli ecosistemi racchiusi nell’isola trova corrispondenza in quel 43% circa di territorio nazionale protetto che equivale a quasi 66.571 ettari di terreno. Una risorsa naturalistica inestimabile (tutta l’isola, del resto, è tutelata come Riserva della Biosfera), attorno alla quale ruota una fitta rete di case rurali centenarie e restaurate, una altrettanto fitta rete di sentieri chiamati “Caminos reales”, recentemente recuperati e appartenenti al patrimonio storico-culturale dell’isola, una buona dose di strutture tipiche riconvertite al turismo rurale di charme note con il nome di “Paradores” (famosissime in tutta la Spagna), che si distinguono proprio per la bellezza del paesaggio e per l’alto valore culturale.
Qualsiasi itinerario può essere stabilito con grande disinvoltura e facilità direttamente in loco, vista l’efficienza dei trasporti e le brevi distanze da una parte all’altra del mini-continente che fanno di Gran Canaria un’isola davvero a misura d’uomo e, soprattutto, di viaggiatore indipendente. Basti pensare che per raggiungere la capitale Las Palmas, a nord dell’isola partendo dalla parte opposta, ci vogliono poco più di 40 minuti di auto.
Il nostro itinerario parte dal sabbioso sud, la terra dorata dagli arenili generosi di sabbia, ventilata, ma senza esagerare, dalle brezze atlantiche tanto care ai surfisti. Siamo nel comune di San Bartolomé de Tirajana, presso l’estremità meridionale dell’isola dove sorge quello che è indubbiamente il punto più turistico di tutta Gran Canaria, Maspalomas. E’ questa una zona molto interessante dal punto di vista ambientale: celebri le dune da deserto africano che immortalano Maspalomas nei molti paesaggi da cartolina e di cui conviene sapere qualche dato in più dal momento che fanno parte di una zona dichiarata “spazio naturale protetto” occupante circa 400 ettari.
Queste dune, plasmate dalla sabbia proveniente dalle coste desertiche del Marocco per mezzo dei venti che soffiano da est verso l’Atlantico, si estendono lungo 17 chilometri di costa, disposte tra piccoli gruppi di palme attorno a specchi di acqua salmastra che danno vita ad una vera e propria laguna nota come La Charca (Lo Stagno), dove trovano il loro habitat ideale numerose specie di uccelli e invertebrati nonché rare piante, alcune autoctone delle isole Canarie. Le Dune (Dunas) e il Palmizio (Palmeral) vanno a creare, insieme alla Charca, un mix di tre ecosistemi del tutto peculiare che ha portato nel tempo (1994) a tutelare l’intera zona come Paraje Natural de Intere Nacional Dunas de Maspalomas.
Se durante l’inverno la Charca diventa il rifugio degli uccelli migratori provenienti dall’Europa per svernare nel continente africano, durante il resto dell’anno l’oasi allieta i viaggiatori che, numerosi, affollano le spiagge, gli stabilimenti e le molteplici attrazioni del litorale: da Meloneras a Maspalomas, da San Augustìn a Playa del Inglés. Come simbolo architettonico del lungo e mondano paseo maritimo che da Meloneras conduce a Maspalomas e viceversa, si erge il Faro alto 55 metri. Un tempo unica costruzione alla fine della vasta distesa di spiaggia che iniziava con quella attualmente chiamata Playa del Inglés e che terminava nelle vicinanze dell’Oasi, oggi il Faro di Maspalomas è il centro strategico di un’affollata zona di passeggio dove trovano posto boutique, centri commerciali, locali, ristoranti oltre che hotel e Spa tra i più lussuosi dell’isola.
Oggi che il volto dinamico di Maspalomas si sta ridefinendo sempre più verso una riconversione architettonica improntata su design e avanguardia (pensiamo all'Expo Meloneras così come al moderno Centro de Convenciones y Congresos), il Faro si staglia quasi come un romantico ricordo di un’epoca ormai molto lontana. Era il 1861, infatti, quando si pensò di costruire un piccolo attracco per lo scarico dei materiali che potevano essere trasportati solo via mare e il luogo era deserto e disabitato. Tant’è. Oggi la sua sagoma imperiosa aggiunge luce alla luce delle insegne al neon dei molti locali che alimentano la giustamente famosa movida serale del luogo. Da questo ambiente salmastro, marino, sabbioso e charmant dal tocco internazionale, ma anche molto disinvolto e poco formale, ci si può trasferire in pochi minuti in un altro mondo senza varcare i confini nazionali.
Attraversando il cuore dell’isola ci si proietta in un far west di montagne, valli profonde e boschi, quell’entroterra selvaggio dove pulsa la “Cumbre” (zona montagnosa più alta) canaria addentrandosi tra la vegetazione rigogliosa del nord e i paesaggi rocciosi dell’ovest. E’ qui che il turismo prende un’altra piega, silenziosa e intimista, rilassante e attiva. In una parola: rurale. Percorrendo questa zona ci si imbatte in cittadine che sembrano fuori dal tempo, villaggi suggestivi che richiamano alla memoria altri lidi e altri continenti – Tunisia e Marocco ad esempio – oppure, giocando in casa, altre realtà molto peculiari, come l’Andalusia. Appaiono casette colorate, inerpicate su vicoli acciottolati e circondate da palme, vegetazione subtropicale, mentre all’orizzonte si stagliano montagne altissime che sembra di poter toccare con la mano. Qua e là, alloggi rurali e fattorie immersi in giardini rigogliosi e in un silenzio inverosimile.
Fataga, Tejeda, La Vega di San Mateo, Santa Brigida sono solo alcune delle piacevoli sorprese dell’entroterra canario dirigendosi verso il nord-ovest, prima di imbattersi in un altro dei simboli di Gran Canaria: El Fraile (Il Frate), una roccia così chiamata perché la sagoma ricorda quella di un frate. Insieme al Fraile, dominano la Cumbre gli altri monoliti di Gran Canaria, capolavori di pietra ben visibili dal Mirador Pico de los Nieves: il Roque Bentayga (1404 metri), il Pozo de las Nieves (il più alto rilievo di Gran Canaria con i suoi 1949 metri) e il Roque Nublo, un enorme monolito di basalto che si erge per una settantina di metri come risultato delle attività vulcaniche pleistoceniche. E’ questo il monumento naturale emblema degli abitanti, situato a 1813 metri sul livello del mare. Dall’alto del mirador si può assistere allo spettacolo di quel caos geologico che lo scrittore spagnolo Miguel de Unamuno definì poeticamente come una “tempesta pietrificata”. E sullo sfondo, con le giornate limpide, è visibile perfettamente il Pico del Teide, vulcano simbolo della vicina Tenerife.
La Cruz de Tejeda, un piccolo monumento in pietra verdastra che si trova nell’omonimo villaggio di 1000 abitanti circa, segna il punto più centrale dell’isola. E proprio qui, in uno dei punti più alti del territorio comunale (1560 metri circa) si trova il Parador de Tejeda, gioiello della filosofia rurale di Gran Canaria. Completamente restaurato e riaperto al pubblico da poco, il parador de naturaleza nasce da un’opera di riconversione dell’antica Hosteria de Cruz de Tejeda. Oggi le sue 43 abitazioni accolgono i viaggiatori interessati ad un contatto con la natura che non finisca con le escursioni ma che li segua, appunto, fino alle stanze dell’albergo dove eventualmente decidono di soggiornare. L’architettura del Parador, oltre ad essere in tipico stile canario, aderisce ai principi primi dell’eco-sostenibilità in cui l’ambiente ha la prima e l’ultima parola. Dalla sua terrazza si gode di una delle viste più belle e panoramiche di Gran Canaria che contempla i monoliti isolani in un colpo d’occhio.
Hotel nella natura, vecchi casali ristrutturati e case rurali assimilabili ai nostri agriturismi costellano l’entroterra di Gran Canaria incoraggiando un’offerta che da qualche anno si è andata via via incrementando. Tra le soste suggerite in questo itinerario, la Casa del Vino di Gran Canaria nel villaggio di Santa Brigida: l’edificio storico è il luogo ideale per degustazioni di tutte le varietà vinicole che offre l’isola, dai vini rossi ai bianchi, fruttati e molto aromatici, molti dei quali hanno il marchio di Denominazione d’Origine. A meno di 10 chilometri ad ovest di Santa Brigida si adagia Vega de San Mateo, un altro dei villaggi più caratteristici situati proprio nel cuore dell'isola, la cui metà del territorio fa parte dell’area protetta di Las Cumbres, tanto per ribadire l’endemica vocazione naturalistica dell’isola. Qui una tappa interessante al fine di conoscere qualcosa in più del passato contadino della regione è il Museo Historico Etnografico Cho Zacarias che si trova lungo la Avenida de Tinamar e che espone utensili legati all’agricoltura, tessuti ed elementi di arredo.
Tutto da queste parti ricorda le origini di un’isola che ha avuto (e continua ad avere) con la terra un legame non meno forte di quello con il mare: le ampie zone coltivate così come le distese brulle che delineano il peculiare aspetto dell’entroterra, sempre ad un passo dalla linea dell'orizzonte dove è possibile scorgere il blu dell’oceano, sono solchi profondi di una memoria collettiva che coinvolge e incanta e che riluce ancora di immagini ancestrali legate ai primi abitanti dell’isola: i Guanchi (chiamati anche “los canarios”), popolo di coltivatori e contadini. Un souvenir tipico da portarsi a casa dopo aver attraversato l’entroterra è, non a caso, la singolare statua della dea della fertilità, non senza aver prima avvistato un albero del Drago, re della flora delle Canarie, antico come i Guanchi e anch’esso simbolo di un passato che affonda le radici nel mito.
E’ questo un albero del genere dracena (Dracaena drago, monocotiledone della famiglia delle liliacee) che assomiglia ad una palma dal tronco ramificato e che può raggiungere dimensioni notevoli. L’entroterra canario è uno dei posti migliori dove avvistare alcuni di questi esemplari, anche se il più antico pare essere quello del villaggio di Icod (ad ovest di Tenerife) che si stima abbia 2300 anni. Gli aborigeni ne utilizzavano la linfa rossa (il sangue del drago) a scopi curativi. Oggi questo albero sacro la cui origine si perde nella notte dei tempi, condivide lo spazio con i ritmi della modernità (spesso se ne vedono persino ai margini di strade non esenti dal passaggio automobilistico) che tuttavia, da queste parti scorre più lenta concedendo quel respiro necessario a preservare il patrimonio naturalistico che letteralmente invade Gran Canaria.