Puglia e Basilicata: da Bari a Matera
Coste di spettacolare bellezza, infinite distese di olivi, la presenza, quasi palpabile, di un'arte viva, che impregna le pietre e l'aria e si mischia alla tradizione popolare, alle feste di paese, alle sagre, a una cristianità nascosta in chiese rupestri o magnificata in spettacolari templi a ridosso del mare. Ecco i principali caratteri di queste terre: il romanico dei Normanni, slanciato verso l'alto, quasi a precorrere le orme dello stile successivo, eppure poderoso, forte, potente; e la tradizione che sa di olio buono, di case insolite, di abbacinante bianco esaltato dal blu del basso Adriatico o dai colori bruciati della campagna nell'entroterra delle Murge.
Testo di Cristiano Pinotti, fotografie di Angelo Fanzini
Bari
Nel medioevo, ma anche per buona parte dell'epoca moderna, Bari fu una delle principali mete dell'intera cristianità. Meno celebrato di Santiago de Compostela – sono ancora tante le meraviglie del mondo sacrificate ogni giorno sull'altare del marketing turistico – il santuario di S. Nicola non è solo un capolavoro architettonico, è altresì un pezzo della cristianità, un brano della nostra storia, una meta agognata da migliaia di fedeli, in viaggio con ogni mezzo per raggiungere queste pietre che conservano le reliquie del santo giunte da Mira, in Asia Minore.
La città vecchia è un tuffo nell'improbabile organizzazione viaria medioevale, fatta di vicoli e stradine che si intrecciano sino a sfociare nei larghi spazi che connotavano i poteri forti dell'epoca. Ecco, quindi, Piazza Mercantile, con il suo Palazzo del Sedile dei Nobili e le due piazze che precedono la basilica di S. Nicola e la cattedrale.
La basilica simbolo della città è in chiaro romanico normanno, con la facciata - chiusa da due possenti torri in stile contrastante - interrotta da archetti, bifore e monofore. L'interno, suddiviso in tre navate, custodisce importanti opere artistiche, tra le quali spiccano la cattedra del vescovo Elia, gli affreschi dell'abside e la cripta con la sua foresta di 28 colonne culminanti con capitelli bizantini e romanici, in una straordinaria mescolanza artistica.
Sempre di fattura romanica è la cattedrale di S. Sabino, sorta tra il XII e il XIII secolo, ma con elevata presenza di influssi barocchi. Nel suo interno, ripartito su tre navate, si conservano eccellenti opere come il pulpito, la cattedra episcopale, il ciborio e la cripta. Nel museo sono di elevato interesse storico i cosiddetti “Exultet”, tre antichi documenti cartacei di epoca medioevale. Da non perdere, infine, il Castello Svevo voluto da Federico II, anche se largamente rimaneggiato in epoca cinquecentesca.
Trani
Per godere appieno della bellezza di Trani occorre scegliere il momento più opportuno. Magari all'alba, oppure al tramonto, quando le luci si fanno più morbide, radenti, e anziché accecare disegnano con sapienza i contorni, delineano forme e colori. I più fortunati, invece, possono imbattersi in una giornata che il senso comune definisce “brutta”. Un giorno in cui soffia il vento e ulula il mare che, poderoso, si infrange ai piedi di una delle più affascinanti costruzioni dell'intero sud d'Italia.
La superba bellezza della cattedrale di Trani sfida la forza del mare con l'armonia del suo profilo slanciato in un impeto verso l'empireo. Costruzione complessa e affascinante è una struttura composta da tre chiese sovrapposte: l'ipogeo di S. Leucio, la chiesa di S. Maria e la basilica di S. Nicola Pellegrino. La facciata, che si contraddistingue per il bel rosone, il campanile e il prezioso portale in bronzo a 32 formelle, è preludio al nudo interno a capriate da cui si accede alle due chiese primitive. Poco distanti il duecentesco castello svevo, Palazzo Caccetta e la chiesa di Ognissanti.
Barletta
Quando l'amor di patria non veniva sbandierato solo per la nazionale della pedata, non c'era ragazzino che non associasse Barletta alla celebre Disfida e al suo immancabile eroe: Ettore Fieramosca. Ma anche in un'epoca che ha soppiantato i cavalieri di ventura nell'immaginario fantastico, Barletta può essere una meta interessante. Vuoi per l'imponente castello di origine normanna nei secoli rimaneggiato dagli svevi, prima, e dagli aragonesi, poi; vuoi per il duomo di S. Maria Maggiore nella sua commistione di stili; o ancora per il Palazzo della Marra, la chiesa del S. Sepolcro, o per il suo Colosso, enorme statua bronzea giunta dall'oriente sul finire dell'epoca imperiale romana. Poco distante un parco archeologico racchiude l'area di Canne, colle sul quale le legioni romane subirono, ad opera di Annibale, una delle più cocenti sconfitte della loro storia millenaria.
Ruvo di Puglia
Spesso attorno a Ruvo la terra è spaccata dall'arsura. Nelle ore più calde della giornata il piccolo paese dell'entroterra barese pare quasi una città fantasma da cui si eleva, ancora una volta, lo spettacolo del romanico. Per goderne si deve però abbandonare la costa e percorrere l'entroterra barese, quell'altopiano delle Murge fatto di ampi spazi intervallati da colline, periodicamente interrotte da isolate masserie. Centro del paese è senza dubbio la cattedrale dagli spioventi marcatamente inclinati, dai portali lavorati con leoni che sorreggono leggere colonne terminanti in archi. Al suo interno, se si è fortunati, si può trovare un vecchio contadino che condividerà con voi, oltre che con Dio, le sue considerazioni sul tempo, sui raccolti e sui pochi soldi che fruttano le sue quotidiane fatiche.
Castel del Monte
Da Ruvo di Puglia un'escursione assolutamente da non mancare è a Castel del Monte: una costruzione meravigliosa, al contempo maniero e tempio di una religione terrena, nell'epoca in cui la spiritualità spesso si confonde con i malesseri e le gioie della terra. Un rilievo modesto di soli 540 metri, nel territorio del comune di Andria, ospita la poderosa mole del castello di Federico II, uno straordinario capolavoro che sovrasta la pianura circostante, la impreziosisce, le dona lo splendore e la sacralità della pura pietra.
E' un luogo simbolico che ammanta di mistero e di meraviglia una potenza imperiale scomparsa da oltre 750 anni. Un monumento artistico che affascina con la sua magica simmetria, con l’abbacinante bianco del suo calcare, col suo rigore architettonico che scandisce spazio e tempi, che incanta per la sua simbologia segreta, per i tanti significati che gli sono stati attribuiti: residenza imperiale, costruzione militare, base per battute di caccia con il falcone.
La struttura del castello gioca sempre sul numero otto. La sua pianta è un ottagono regolare di 16,50 metri per lato, con otto torrioni ottagonali innestati sugli spigoli. I due piani interni sono entrambi composti da otto stanze trapezoidali perfettamente uguali. Il portale principale si apre sulla facciata rivolta verso il sorgere del sole. Il piano inferiore è ritmato da aperture a monofora, mentre quello superiore è intervallato da sette bifore e da una trifora. Le torri, occupate da locali di servizio o da scale, si aprono verso l’esterno esclusivamente attraverso strette feritoie.
L’intera costruzione, patrimonio dell’UNESCO, trasmette sensazioni di potenza e grandiosità. Una volta varcato lo splendido portale d’ingresso e volto lo sguardo verso l’alto, verso quell'indecifrabile ottagono di cielo che si apre attraverso le mura del castello, si respira una ricerca di trascendenza che trasforma le pietre in nuvole.
Gravina in Puglia
Al limitare con la Basilicata ecco quello che i depliant turistici definiscono come il Grand Canyon della Puglia. Un’iperbole un po’ azzardata, ma che offre l’immediata suggestione di questo capolavoro della natura. Gravina in Puglia, sede del Parco nazionale dell'Alta Murgia, è una città d’arte a tutto tondo costruita proprio a ridosso di un burrone che ne ha delineato le case e l’urbanistica. Interessanti la basilica di S. Maria Assunta, con chiari influssi rinascimentali, la chiesa rupestre San Michele delle Grotte e il museo della Fondazione Pomarici Santomasi noto per la sua collezione archeologica e per gli affreschi in stile bizantino provenienti dalla cripta di S. Vito Vecchio.
Matera
La Murgia Materana è un susseguirsi di colline argillose, profondamente incise da dirupi e calanchi che, a tratti, creano un paesaggio dall'aspetto primordiale. Colline sulle quali un occhio attento non tarda a scorgere gli antichi segni dell’uomo nei tradizionali tratturi per la transumanza, nelle incisioni rupestri, nei borghi, nelle masserie, nelle chiese rupestri e in una città, Matera, sospesa tra il presente e un passato che trasuda da sconnessi muri di tufo. Un nucleo cittadino scavato nelle viscere della terra, che fonde architettura e spontaneità, presente e passato con una straordinaria naturalezza.
Conoscere Matera, ammesso che una città possa essere compresa anche dal più attento dei visitatori, significa perdersi nel suo contado, ammirare le sue chiese affrescate all'interno di inospitali grotte, sfiorare le incisioni rupestri che ne punteggiano l’intero territorio, perdersi infine nei suoi Sassi, in quell'assurdo sovrapporsi di abitazioni scavate nel tufo da una povertà atavica e senza speranza.
La visita ai Sassi, infatti, non è una gita turistica come possono essere tante altre, è un’immersione nella vita di un’umanità silenziosa, rassegnata, ai margini di una vita da Cristiani. Per cercare di comprendere la Lucania di soli pochi anni fa è necessario entrare nelle abitazioni che formano il Sasso Caveoso, il più vasto a occidente, e quello Barisano, più piccolo a oriente.
Per comprendere questa terra è opportuno rileggere le pagine di Carlo Levi, del suo “Cristo si è fermato a Eboli”, autentico pugno nello stomaco dell’Italia del dopoguerra, eccezionale testimonianza di un mondo ai margini della storia, dell’umanità e della vita. “Noi non siamo cristiani – essi dicono - Cristo si è fermato a Eboli. Cristiano, vuol dire, nel loro linguaggio, uomo: e la frase proverbiale che ho sentito tante volte ripetere, nelle loro bocche non è forse nulla più che l’espressione di uno sconsolato complesso di inferiorità. Noi non siamo cristiani, non siamo uomini, non siamo considerati come uomini, ma bestie, bestie da soma e ancora meno (…) perché noi dobbiamo invece subire il mondo dei cristiani, che sono di là dall'orizzonte, e sopportarne il peso e il confronto”.
Parole aspre e dure che sembrano raccontare una storia antica, dalla quale ci si aspetta di veder giungere da un momento all'altro un prepontello qualsiasi, insignito di un qualsivoglia blasone nobiliare. Invece questa è una storia di ieri. Carlo Levi scriveva nel 1944 e per i brandelli di umanità che popolavano i Sassi il vicino boom economico era tanto prossimo quanto la Luna o Marte.
Oggi Matera e tutto il territorio circostante vivono un’epoca totalmente differente e le immagini più esportate della città raffigurano la cattedrale, Palazzo Lanfranchi, la chiesa di San Francesco, il museo Nazionale… l’arte, la gastronomia e il folclore. I Sassi, riconosciuti dall’UNESCO patrimonio dell’umanità, richiamano un “turismo” che richiede cura, riflessione, non è merce “usa e getta”, mal si concilia con le vacanze balneari e all inclusive.
I Sassi sono uno spaccato di umanità, raccontano una bellezza tremenda e sconvolgente, narrano la vita senza alcun fronzolo e, purtroppo, sono anche difficilmente descrivibili. Camminando ci si accorge quasi improvvisamente di essere sul tetto di un’abitazione sottostante, ecco poi una cisterna per l’acqua, una neviera, una grotta che ha assunto i connotati di casa, qualche suppellettile che ricorda arti e mestieri scomparsi, un affresco improvviso riporta a un’impensabile dimensione artistica.
Matera, come abbiamo accennato, è anche un centro storico di primaria importanza, un punto di partenza per interessanti escursioni alle sue innumerevoli chiese rupestri, oppure per raggiungere le rovine di Policoro o di Metaponto, ma è soprattutto una città da vedere con la mente e ascoltare con il cuore, che racconta la storia di un territorio: la Lucania.
Alberobello
Lasciamo la Murgia Materana per rientrare nella provincia barese. Ci attende una delle più note icone pugliesi, famosa al mondo per essere la capitale dei Trulli. Non ci sono veri e propri monumenti di spicco, è il complesso dell'abitato del Rione Monti e di Aia Piccola ad affascinare: il bianco delle pareti a calce di queste incredibili costruzioni a forma di cono è qualcosa di unico e quasi poetico, specialmente se goduto lontano dalle folle agostane spinte dalla spasmodica ricerca del “tipico”. Situata nel cuore della Murgia dove l’ambiente contadino restituisce profusioni di mandorli e ulivi, Alberobello è uno dei borghi più affascinanti d’Italia, dichiarato dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità. Fondata nel XV secolo in una zona occupata da una foresta di querce ad opera degli Acquaviva - D’Aragona, conti di Conversano, cominciò a popolarsi di contadini che la trasformarono in breve tempo in una fertilissima terra, denominata “Selva”.
Il terreno carsico e le rocce calcaree stratificate, tipiche del territorio della Valle d'Itria, sono alla base del materiale usato per la copertura dei trulli. Queste abitazioni con il caratteristico tetto a forma di cono sono costruite con pietra a secco detta anche a sfoglie (le “chiancole”) e hanno la base imbiancata con calce viva. Benché se ne possano ammirare molte in tutta la Puglia, è proprio ad Alberobello che se ne trovano più di un migliaio di esemplari, anche perché questo è l’unico centro a conservare il nucleo storico interamente composto da trulli, molti dei quali visitabili.
Il più grande del paese è il Trullo Sovrano sito in piazza Sacramento, riconoscibile perché l'unico edificato su due piani, ha l’aspetto di un oratorio campestre ma, nel corso della sua storia, ha assunto le più svariate funzioni: corte, cappella, spezieria e cenobio. Dopo un restauro nel 1993, il Trullo Sovrano, di proprietà privata, è ora in uso come spazio espositivo in occasione di mostre temporanee o per incontri culturali. Nei pressi del Trullo Sovrano si trova la Basilica dei Santi Medici Cosma e Damiano, protettori di Alberobello. Il santuario in stile neoclassico è meta di pellegrinaggi. Al suo interno, oltre alle statue dei due santi, si può ammirare, tra affreschi e quadri a sfondo religioso, un organo a croce.
Un colpo d’occhio molto suggestivo per avere l’idea del vecchio borgo medievale si ha nel quartiere storico Rione Aia Piccola, oggi Patrimonio dell’Umanità Unesco. La denominazione di “aia” si riferisce all’ampio spazio anticamente usato per la battitura del grano. Il Largo delle Fogge divide questo quartiere dal Rione Monti, altro luogo molto caratteristico del paese. Agli inizi del XIX secolo Aia Piccola contava qualcosa come quattrocento trulli affacciati su otto piccole strade e abitati da circa 1300 abitanti. Oggi è l’unica zona rimasta immune da attività commerciali di qualsiasi tipo dal momento che i trulli presenti sono ancora quasi tutti abitati e utilizzati solo come abitazioni private. Questo rione offre dunque scorci autentici di come doveva essere tutta Alberobello fino a qualche decennio fa.
Il Rione Monti comprende a sua volta circa mille trulli raggiungibili attraversando diverse strade tutte confluenti alla sommità del colle dove domina l’altura la chiesa di Sant’Antonio. Il trullo più caratteristico di quest’area è il Trullo Siamese, composto esteriormente da due coni quasi fusi tra di loro, mentre all’interno l’edificio è diviso esattamente a metà. Il santuario che domina il Rione Monti è stato fortemente voluto da Don Antonio Lippolis, per contrastare la diffusione del protestantesimo. La chiesa, costruita anch’essa in pietra calcarea con la tecnica tipica dei trulli, è stata realizzata dal maestro d’arte Martino De Leonardis seguendo apposite indicazioni ai fini di salvaguardare l’integrità della zona monumentale. Si può notare l’imponente facciata tripartita e l’alta torre campanaria che si erge sul lato destro, mentre sul lato sinistro si trova il seminario, un tempo destinato ai soggiorni estivi dei giovani chierici della Diocesi ed oggi convertito in struttura ricettiva per turisti.
Dalla volontà di conservare e al tempo stesso narrare la storia di un’area territoriale così caratteristica qual è la Murgia dei Trulli e delle Grotte, è nato il Museo del Territorio. Si tratta di un agglomerato di trulli comunicanti situati tra piazza XXVII Maggio, piazza Mario Pagano e via Lamarmora, ovvero nella zona cuscinetto tra il centro storico monumentale di Aia Piccola ed il centro storico ambientale di piazza del Popolo. Il complesso, denominato Casa Pezzolla, si sviluppa su due piani e, insieme al Trullo Sovrano, rappresenta l’esempio di una cultura architettonica in evoluzione.
Una passeggiata da non perdere è quella all’interno di Bosco Selva, un parco situato a poche centinaia di metri dal centro abitato, a Sud di Alberobello. Immersi nella natura boschiva dalla fitta vegetazione composta da roverelle e fragni, si può effettuare un percorso guidato sia a piedi che in bicicletta. E’ possibile imbattersi anche in animali selvatici quali volpi, tassi e tritoni. Alberobello si trova poco distante da altre affascinanti località come Locorotondo, ad esempio, nella rigogliosa Valle d’Itria fino alla “città bianca” di Ostuni che dista 40 km. A soli 15 km, invece, si trova la bellissima città barocca di Martina Franca e le Grotte di Castellana.
Locorotondo e Polignano a mare
Seppure di diversa fattura, anche Locorotondo, dominante la Valle d'Itria, è un susseguirsi di abitazioni addossate, una sorta di “muro” bianco che circonda la pietra dei suoi principali edifici religiosi: la chiesa Matrice di S. Giorgio e S. Maria la Greca. Sulla via del ritorno a Bari, poco distante dal capoluogo merita una visita il borgo di Polignano a mare, gioiello medioevale con le bianche case arroccate su un promontorio proteso nell'Adriatico.
Nel medioevo, ma anche per buona parte dell'epoca moderna, Bari fu una delle principali mete dell'intera cristianità. Meno celebrato di Santiago de Compostela – sono ancora tante le meraviglie del mondo sacrificate ogni giorno sull'altare del marketing turistico – il santuario di S. Nicola non è solo un capolavoro architettonico, è altresì un pezzo della cristianità, un brano della nostra storia, una meta agognata da migliaia di fedeli, in viaggio con ogni mezzo per raggiungere queste pietre che conservano le reliquie del santo giunte da Mira, in Asia Minore.
La città vecchia è un tuffo nell'improbabile organizzazione viaria medioevale, fatta di vicoli e stradine che si intrecciano sino a sfociare nei larghi spazi che connotavano i poteri forti dell'epoca. Ecco, quindi, Piazza Mercantile, con il suo Palazzo del Sedile dei Nobili e le due piazze che precedono la basilica di S. Nicola e la cattedrale.
La basilica simbolo della città è in chiaro romanico normanno, con la facciata - chiusa da due possenti torri in stile contrastante - interrotta da archetti, bifore e monofore. L'interno, suddiviso in tre navate, custodisce importanti opere artistiche, tra le quali spiccano la cattedra del vescovo Elia, gli affreschi dell'abside e la cripta con la sua foresta di 28 colonne culminanti con capitelli bizantini e romanici, in una straordinaria mescolanza artistica.
Sempre di fattura romanica è la cattedrale di S. Sabino, sorta tra il XII e il XIII secolo, ma con elevata presenza di influssi barocchi. Nel suo interno, ripartito su tre navate, si conservano eccellenti opere come il pulpito, la cattedra episcopale, il ciborio e la cripta. Nel museo sono di elevato interesse storico i cosiddetti “Exultet”, tre antichi documenti cartacei di epoca medioevale. Da non perdere, infine, il Castello Svevo voluto da Federico II, anche se largamente rimaneggiato in epoca cinquecentesca.
Trani
Per godere appieno della bellezza di Trani occorre scegliere il momento più opportuno. Magari all'alba, oppure al tramonto, quando le luci si fanno più morbide, radenti, e anziché accecare disegnano con sapienza i contorni, delineano forme e colori. I più fortunati, invece, possono imbattersi in una giornata che il senso comune definisce “brutta”. Un giorno in cui soffia il vento e ulula il mare che, poderoso, si infrange ai piedi di una delle più affascinanti costruzioni dell'intero sud d'Italia.
La superba bellezza della cattedrale di Trani sfida la forza del mare con l'armonia del suo profilo slanciato in un impeto verso l'empireo. Costruzione complessa e affascinante è una struttura composta da tre chiese sovrapposte: l'ipogeo di S. Leucio, la chiesa di S. Maria e la basilica di S. Nicola Pellegrino. La facciata, che si contraddistingue per il bel rosone, il campanile e il prezioso portale in bronzo a 32 formelle, è preludio al nudo interno a capriate da cui si accede alle due chiese primitive. Poco distanti il duecentesco castello svevo, Palazzo Caccetta e la chiesa di Ognissanti.
Barletta
Quando l'amor di patria non veniva sbandierato solo per la nazionale della pedata, non c'era ragazzino che non associasse Barletta alla celebre Disfida e al suo immancabile eroe: Ettore Fieramosca. Ma anche in un'epoca che ha soppiantato i cavalieri di ventura nell'immaginario fantastico, Barletta può essere una meta interessante. Vuoi per l'imponente castello di origine normanna nei secoli rimaneggiato dagli svevi, prima, e dagli aragonesi, poi; vuoi per il duomo di S. Maria Maggiore nella sua commistione di stili; o ancora per il Palazzo della Marra, la chiesa del S. Sepolcro, o per il suo Colosso, enorme statua bronzea giunta dall'oriente sul finire dell'epoca imperiale romana. Poco distante un parco archeologico racchiude l'area di Canne, colle sul quale le legioni romane subirono, ad opera di Annibale, una delle più cocenti sconfitte della loro storia millenaria.
Ruvo di Puglia
Spesso attorno a Ruvo la terra è spaccata dall'arsura. Nelle ore più calde della giornata il piccolo paese dell'entroterra barese pare quasi una città fantasma da cui si eleva, ancora una volta, lo spettacolo del romanico. Per goderne si deve però abbandonare la costa e percorrere l'entroterra barese, quell'altopiano delle Murge fatto di ampi spazi intervallati da colline, periodicamente interrotte da isolate masserie. Centro del paese è senza dubbio la cattedrale dagli spioventi marcatamente inclinati, dai portali lavorati con leoni che sorreggono leggere colonne terminanti in archi. Al suo interno, se si è fortunati, si può trovare un vecchio contadino che condividerà con voi, oltre che con Dio, le sue considerazioni sul tempo, sui raccolti e sui pochi soldi che fruttano le sue quotidiane fatiche.
Castel del Monte
Da Ruvo di Puglia un'escursione assolutamente da non mancare è a Castel del Monte: una costruzione meravigliosa, al contempo maniero e tempio di una religione terrena, nell'epoca in cui la spiritualità spesso si confonde con i malesseri e le gioie della terra. Un rilievo modesto di soli 540 metri, nel territorio del comune di Andria, ospita la poderosa mole del castello di Federico II, uno straordinario capolavoro che sovrasta la pianura circostante, la impreziosisce, le dona lo splendore e la sacralità della pura pietra.
E' un luogo simbolico che ammanta di mistero e di meraviglia una potenza imperiale scomparsa da oltre 750 anni. Un monumento artistico che affascina con la sua magica simmetria, con l’abbacinante bianco del suo calcare, col suo rigore architettonico che scandisce spazio e tempi, che incanta per la sua simbologia segreta, per i tanti significati che gli sono stati attribuiti: residenza imperiale, costruzione militare, base per battute di caccia con il falcone.
La struttura del castello gioca sempre sul numero otto. La sua pianta è un ottagono regolare di 16,50 metri per lato, con otto torrioni ottagonali innestati sugli spigoli. I due piani interni sono entrambi composti da otto stanze trapezoidali perfettamente uguali. Il portale principale si apre sulla facciata rivolta verso il sorgere del sole. Il piano inferiore è ritmato da aperture a monofora, mentre quello superiore è intervallato da sette bifore e da una trifora. Le torri, occupate da locali di servizio o da scale, si aprono verso l’esterno esclusivamente attraverso strette feritoie.
L’intera costruzione, patrimonio dell’UNESCO, trasmette sensazioni di potenza e grandiosità. Una volta varcato lo splendido portale d’ingresso e volto lo sguardo verso l’alto, verso quell'indecifrabile ottagono di cielo che si apre attraverso le mura del castello, si respira una ricerca di trascendenza che trasforma le pietre in nuvole.
Gravina in Puglia
Al limitare con la Basilicata ecco quello che i depliant turistici definiscono come il Grand Canyon della Puglia. Un’iperbole un po’ azzardata, ma che offre l’immediata suggestione di questo capolavoro della natura. Gravina in Puglia, sede del Parco nazionale dell'Alta Murgia, è una città d’arte a tutto tondo costruita proprio a ridosso di un burrone che ne ha delineato le case e l’urbanistica. Interessanti la basilica di S. Maria Assunta, con chiari influssi rinascimentali, la chiesa rupestre San Michele delle Grotte e il museo della Fondazione Pomarici Santomasi noto per la sua collezione archeologica e per gli affreschi in stile bizantino provenienti dalla cripta di S. Vito Vecchio.
Matera
La Murgia Materana è un susseguirsi di colline argillose, profondamente incise da dirupi e calanchi che, a tratti, creano un paesaggio dall'aspetto primordiale. Colline sulle quali un occhio attento non tarda a scorgere gli antichi segni dell’uomo nei tradizionali tratturi per la transumanza, nelle incisioni rupestri, nei borghi, nelle masserie, nelle chiese rupestri e in una città, Matera, sospesa tra il presente e un passato che trasuda da sconnessi muri di tufo. Un nucleo cittadino scavato nelle viscere della terra, che fonde architettura e spontaneità, presente e passato con una straordinaria naturalezza.
Conoscere Matera, ammesso che una città possa essere compresa anche dal più attento dei visitatori, significa perdersi nel suo contado, ammirare le sue chiese affrescate all'interno di inospitali grotte, sfiorare le incisioni rupestri che ne punteggiano l’intero territorio, perdersi infine nei suoi Sassi, in quell'assurdo sovrapporsi di abitazioni scavate nel tufo da una povertà atavica e senza speranza.
La visita ai Sassi, infatti, non è una gita turistica come possono essere tante altre, è un’immersione nella vita di un’umanità silenziosa, rassegnata, ai margini di una vita da Cristiani. Per cercare di comprendere la Lucania di soli pochi anni fa è necessario entrare nelle abitazioni che formano il Sasso Caveoso, il più vasto a occidente, e quello Barisano, più piccolo a oriente.
Per comprendere questa terra è opportuno rileggere le pagine di Carlo Levi, del suo “Cristo si è fermato a Eboli”, autentico pugno nello stomaco dell’Italia del dopoguerra, eccezionale testimonianza di un mondo ai margini della storia, dell’umanità e della vita. “Noi non siamo cristiani – essi dicono - Cristo si è fermato a Eboli. Cristiano, vuol dire, nel loro linguaggio, uomo: e la frase proverbiale che ho sentito tante volte ripetere, nelle loro bocche non è forse nulla più che l’espressione di uno sconsolato complesso di inferiorità. Noi non siamo cristiani, non siamo uomini, non siamo considerati come uomini, ma bestie, bestie da soma e ancora meno (…) perché noi dobbiamo invece subire il mondo dei cristiani, che sono di là dall'orizzonte, e sopportarne il peso e il confronto”.
Parole aspre e dure che sembrano raccontare una storia antica, dalla quale ci si aspetta di veder giungere da un momento all'altro un prepontello qualsiasi, insignito di un qualsivoglia blasone nobiliare. Invece questa è una storia di ieri. Carlo Levi scriveva nel 1944 e per i brandelli di umanità che popolavano i Sassi il vicino boom economico era tanto prossimo quanto la Luna o Marte.
Oggi Matera e tutto il territorio circostante vivono un’epoca totalmente differente e le immagini più esportate della città raffigurano la cattedrale, Palazzo Lanfranchi, la chiesa di San Francesco, il museo Nazionale… l’arte, la gastronomia e il folclore. I Sassi, riconosciuti dall’UNESCO patrimonio dell’umanità, richiamano un “turismo” che richiede cura, riflessione, non è merce “usa e getta”, mal si concilia con le vacanze balneari e all inclusive.
I Sassi sono uno spaccato di umanità, raccontano una bellezza tremenda e sconvolgente, narrano la vita senza alcun fronzolo e, purtroppo, sono anche difficilmente descrivibili. Camminando ci si accorge quasi improvvisamente di essere sul tetto di un’abitazione sottostante, ecco poi una cisterna per l’acqua, una neviera, una grotta che ha assunto i connotati di casa, qualche suppellettile che ricorda arti e mestieri scomparsi, un affresco improvviso riporta a un’impensabile dimensione artistica.
Matera, come abbiamo accennato, è anche un centro storico di primaria importanza, un punto di partenza per interessanti escursioni alle sue innumerevoli chiese rupestri, oppure per raggiungere le rovine di Policoro o di Metaponto, ma è soprattutto una città da vedere con la mente e ascoltare con il cuore, che racconta la storia di un territorio: la Lucania.
Alberobello
Lasciamo la Murgia Materana per rientrare nella provincia barese. Ci attende una delle più note icone pugliesi, famosa al mondo per essere la capitale dei Trulli. Non ci sono veri e propri monumenti di spicco, è il complesso dell'abitato del Rione Monti e di Aia Piccola ad affascinare: il bianco delle pareti a calce di queste incredibili costruzioni a forma di cono è qualcosa di unico e quasi poetico, specialmente se goduto lontano dalle folle agostane spinte dalla spasmodica ricerca del “tipico”. Situata nel cuore della Murgia dove l’ambiente contadino restituisce profusioni di mandorli e ulivi, Alberobello è uno dei borghi più affascinanti d’Italia, dichiarato dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità. Fondata nel XV secolo in una zona occupata da una foresta di querce ad opera degli Acquaviva - D’Aragona, conti di Conversano, cominciò a popolarsi di contadini che la trasformarono in breve tempo in una fertilissima terra, denominata “Selva”.
Il terreno carsico e le rocce calcaree stratificate, tipiche del territorio della Valle d'Itria, sono alla base del materiale usato per la copertura dei trulli. Queste abitazioni con il caratteristico tetto a forma di cono sono costruite con pietra a secco detta anche a sfoglie (le “chiancole”) e hanno la base imbiancata con calce viva. Benché se ne possano ammirare molte in tutta la Puglia, è proprio ad Alberobello che se ne trovano più di un migliaio di esemplari, anche perché questo è l’unico centro a conservare il nucleo storico interamente composto da trulli, molti dei quali visitabili.
Il più grande del paese è il Trullo Sovrano sito in piazza Sacramento, riconoscibile perché l'unico edificato su due piani, ha l’aspetto di un oratorio campestre ma, nel corso della sua storia, ha assunto le più svariate funzioni: corte, cappella, spezieria e cenobio. Dopo un restauro nel 1993, il Trullo Sovrano, di proprietà privata, è ora in uso come spazio espositivo in occasione di mostre temporanee o per incontri culturali. Nei pressi del Trullo Sovrano si trova la Basilica dei Santi Medici Cosma e Damiano, protettori di Alberobello. Il santuario in stile neoclassico è meta di pellegrinaggi. Al suo interno, oltre alle statue dei due santi, si può ammirare, tra affreschi e quadri a sfondo religioso, un organo a croce.
Un colpo d’occhio molto suggestivo per avere l’idea del vecchio borgo medievale si ha nel quartiere storico Rione Aia Piccola, oggi Patrimonio dell’Umanità Unesco. La denominazione di “aia” si riferisce all’ampio spazio anticamente usato per la battitura del grano. Il Largo delle Fogge divide questo quartiere dal Rione Monti, altro luogo molto caratteristico del paese. Agli inizi del XIX secolo Aia Piccola contava qualcosa come quattrocento trulli affacciati su otto piccole strade e abitati da circa 1300 abitanti. Oggi è l’unica zona rimasta immune da attività commerciali di qualsiasi tipo dal momento che i trulli presenti sono ancora quasi tutti abitati e utilizzati solo come abitazioni private. Questo rione offre dunque scorci autentici di come doveva essere tutta Alberobello fino a qualche decennio fa.
Il Rione Monti comprende a sua volta circa mille trulli raggiungibili attraversando diverse strade tutte confluenti alla sommità del colle dove domina l’altura la chiesa di Sant’Antonio. Il trullo più caratteristico di quest’area è il Trullo Siamese, composto esteriormente da due coni quasi fusi tra di loro, mentre all’interno l’edificio è diviso esattamente a metà. Il santuario che domina il Rione Monti è stato fortemente voluto da Don Antonio Lippolis, per contrastare la diffusione del protestantesimo. La chiesa, costruita anch’essa in pietra calcarea con la tecnica tipica dei trulli, è stata realizzata dal maestro d’arte Martino De Leonardis seguendo apposite indicazioni ai fini di salvaguardare l’integrità della zona monumentale. Si può notare l’imponente facciata tripartita e l’alta torre campanaria che si erge sul lato destro, mentre sul lato sinistro si trova il seminario, un tempo destinato ai soggiorni estivi dei giovani chierici della Diocesi ed oggi convertito in struttura ricettiva per turisti.
Dalla volontà di conservare e al tempo stesso narrare la storia di un’area territoriale così caratteristica qual è la Murgia dei Trulli e delle Grotte, è nato il Museo del Territorio. Si tratta di un agglomerato di trulli comunicanti situati tra piazza XXVII Maggio, piazza Mario Pagano e via Lamarmora, ovvero nella zona cuscinetto tra il centro storico monumentale di Aia Piccola ed il centro storico ambientale di piazza del Popolo. Il complesso, denominato Casa Pezzolla, si sviluppa su due piani e, insieme al Trullo Sovrano, rappresenta l’esempio di una cultura architettonica in evoluzione.
Una passeggiata da non perdere è quella all’interno di Bosco Selva, un parco situato a poche centinaia di metri dal centro abitato, a Sud di Alberobello. Immersi nella natura boschiva dalla fitta vegetazione composta da roverelle e fragni, si può effettuare un percorso guidato sia a piedi che in bicicletta. E’ possibile imbattersi anche in animali selvatici quali volpi, tassi e tritoni. Alberobello si trova poco distante da altre affascinanti località come Locorotondo, ad esempio, nella rigogliosa Valle d’Itria fino alla “città bianca” di Ostuni che dista 40 km. A soli 15 km, invece, si trova la bellissima città barocca di Martina Franca e le Grotte di Castellana.
Locorotondo e Polignano a mare
Seppure di diversa fattura, anche Locorotondo, dominante la Valle d'Itria, è un susseguirsi di abitazioni addossate, una sorta di “muro” bianco che circonda la pietra dei suoi principali edifici religiosi: la chiesa Matrice di S. Giorgio e S. Maria la Greca. Sulla via del ritorno a Bari, poco distante dal capoluogo merita una visita il borgo di Polignano a mare, gioiello medioevale con le bianche case arroccate su un promontorio proteso nell'Adriatico.
Approfondimento: Federico II
Le pietre di Castel del Monte raccontano un sogno. Il sogno di Federico II. Il sogno, non lontano da un anelito di immortalità, di un uomo vissuto in pieno Duecento. Un uomo potente, amante dell’arte, del diritto, della cultura. Capace di trascorrere un’esistenza tra lotte infinite, sempre in bilico tra i propri desideri di grandezza e gli intrighi della politica e di un’incombente teocrazia. Un re e un imperatore dalla progenie tedesco-normanna, ma innamorato del nostro Paese: dell’Italia, terreno e fonte del suo immenso potere, palestra per la costruzione di uno Stato unico per il suo tempo, perfetto nella sua visione di monarchia assoluta.
Una figura per tanti versi ambigua, su cui gli storici, dopo tanti secoli, ancora emettono giudizi contrastanti. Un monarca-simbolo, al pari di personaggi del calibro di Maria Teresa d’Austria, Elisabetta I d’Inghilterra, Pietro e Caterina di Russia, Federico Barbarossa, Enrico VIII… che, nella particolare condizione storica in cui hanno operato, hanno incarnato ideali e contraddizioni, passione e razionalità.
Un imperatore vero, capace di conquistare uno dei più grandi “flagellatori” di potenti che abbia mai avuto il coraggio di scrivere: Dante Alighieri, in cui nemmeno la comprensione totalmente umana rivolta al suicida Pier delle Vigne (Inferno, Canto XIII, versi 22-78) riesce a scalfire l’ammirazione per la figura di questo re che contrasta i disegni politici della Chiesa, dei baroni e dei comuni. Un figura forte sotto tutti i punti di vista e che ha voluto lasciare in eredità un sogno fatto di pietra, ideale fulcro sul quale ruotava il suo regno impossibile e che, inesorabilmente, non resistette alla sua scomparsa.
Federico di Hohenstaufen nacque in Italia, a Jesi, il 26 dicembre 1194. Il padre, Enrico IV di Svevia, morì quando il piccolo Federico aveva solo tre anni e anche la madre, Costanza d’Altavilla, che aveva assunto la reggenza del turbolento Regno di Sicilia, non ebbe la fortuna di vedere incoronato il proprio figlio. Affidato alla tutela di Papa Innocenzo III, l’adolescente Federico divenne Re della Sicilia nel luglio 1208. Da questo momento sino alla sua morte, nel 1250, la vita di Federico II fu un susseguirsi di avvenimenti storici di primaria importanza, culminati nella sua elezione a imperatore e nella sua straordinaria capacità di contrastare tutte le istanze volte a minare la sua autorità: dal papa ai comuni, dai saraceni ai nobili normanni.
A questo proposito decisamente originale fu la crociata intrapresa da Federico II, dietro le continue insistenze papali. Estimatore della cultura araba, anziché utilizzare la spada, preferì avvalersi delle affilate armi della diplomazia: concluse un accordo con il sultano d’Egitto ed ottenne che fossero restituite ai cristiani le città di Gerusalemme, Nazareth e Betlemme, oltre ad altre località strategiche, come il porto di Sidone.
Ma il vero capolavoro politico di Federico II appare l’organizzazione del suo regno nel sud della penisola: un vasto territorio che dall'attuale Abruzzo si estendeva sino alla Sicilia. Le sue “Costituzioni Melfitane”, promulgate nel 1231, costituirono uno dei più importanti strumenti per il rafforzamento dell’unità politica del regno contro le istanze baronali e comunalistiche. In queste leggi confluiscono il diritto romano-giustinianeo, il diritto canonico, l’influenza normanna e longobarda, un’eterogeneità di culture che formarono la base legislativa di una monarchia assoluta.
Le pietre di Castel del Monte raccontano un sogno. Il sogno di Federico II. Il sogno, non lontano da un anelito di immortalità, di un uomo vissuto in pieno Duecento. Un uomo potente, amante dell’arte, del diritto, della cultura. Capace di trascorrere un’esistenza tra lotte infinite, sempre in bilico tra i propri desideri di grandezza e gli intrighi della politica e di un’incombente teocrazia. Un re e un imperatore dalla progenie tedesco-normanna, ma innamorato del nostro Paese: dell’Italia, terreno e fonte del suo immenso potere, palestra per la costruzione di uno Stato unico per il suo tempo, perfetto nella sua visione di monarchia assoluta.
Una figura per tanti versi ambigua, su cui gli storici, dopo tanti secoli, ancora emettono giudizi contrastanti. Un monarca-simbolo, al pari di personaggi del calibro di Maria Teresa d’Austria, Elisabetta I d’Inghilterra, Pietro e Caterina di Russia, Federico Barbarossa, Enrico VIII… che, nella particolare condizione storica in cui hanno operato, hanno incarnato ideali e contraddizioni, passione e razionalità.
Un imperatore vero, capace di conquistare uno dei più grandi “flagellatori” di potenti che abbia mai avuto il coraggio di scrivere: Dante Alighieri, in cui nemmeno la comprensione totalmente umana rivolta al suicida Pier delle Vigne (Inferno, Canto XIII, versi 22-78) riesce a scalfire l’ammirazione per la figura di questo re che contrasta i disegni politici della Chiesa, dei baroni e dei comuni. Un figura forte sotto tutti i punti di vista e che ha voluto lasciare in eredità un sogno fatto di pietra, ideale fulcro sul quale ruotava il suo regno impossibile e che, inesorabilmente, non resistette alla sua scomparsa.
Federico di Hohenstaufen nacque in Italia, a Jesi, il 26 dicembre 1194. Il padre, Enrico IV di Svevia, morì quando il piccolo Federico aveva solo tre anni e anche la madre, Costanza d’Altavilla, che aveva assunto la reggenza del turbolento Regno di Sicilia, non ebbe la fortuna di vedere incoronato il proprio figlio. Affidato alla tutela di Papa Innocenzo III, l’adolescente Federico divenne Re della Sicilia nel luglio 1208. Da questo momento sino alla sua morte, nel 1250, la vita di Federico II fu un susseguirsi di avvenimenti storici di primaria importanza, culminati nella sua elezione a imperatore e nella sua straordinaria capacità di contrastare tutte le istanze volte a minare la sua autorità: dal papa ai comuni, dai saraceni ai nobili normanni.
A questo proposito decisamente originale fu la crociata intrapresa da Federico II, dietro le continue insistenze papali. Estimatore della cultura araba, anziché utilizzare la spada, preferì avvalersi delle affilate armi della diplomazia: concluse un accordo con il sultano d’Egitto ed ottenne che fossero restituite ai cristiani le città di Gerusalemme, Nazareth e Betlemme, oltre ad altre località strategiche, come il porto di Sidone.
Ma il vero capolavoro politico di Federico II appare l’organizzazione del suo regno nel sud della penisola: un vasto territorio che dall'attuale Abruzzo si estendeva sino alla Sicilia. Le sue “Costituzioni Melfitane”, promulgate nel 1231, costituirono uno dei più importanti strumenti per il rafforzamento dell’unità politica del regno contro le istanze baronali e comunalistiche. In queste leggi confluiscono il diritto romano-giustinianeo, il diritto canonico, l’influenza normanna e longobarda, un’eterogeneità di culture che formarono la base legislativa di una monarchia assoluta.