La Gallura - alghero - LA barbagia
Olbia è un classico approdo per la Sardegna. La porta di ingresso per un territorio, la Gallura, che è mare, colline, montagna, archeologia, sughero e, soprattutto, granito. Una pietra meravigliosa, che domina l’intera Sardegna nord-orientale, una regione da esplorare con lentezza, assaporandone tutte le aree, per riuscire a coglierne la complessità degli aspetti legati alla terra e al mare.
Testo di Cristiano Pinotti, foto di Angelo Fanzini
La Gallura
Di antica fondazione, Olbia visse i suoi periodi di massimo splendore in epoca romana, come porto di collegamento tra la Sardegna e Ostia, e in epoca medioevale, con il nome di Terranova. Attualmente, è identificata come semplice scalo turistico, eppure la città offre interessanti attrattive anche sotto altri punti di vista. Tra i suoi monumenti spicca la chiesa di San Simplicio, il cui granito rivela uno dei migliori esempi di arte romanica dell’intera isola.
Mentre nei dintorni sono estremamente interessanti il complesso nuragico di Cabu Abbas; il pozzo sacro di Sa Testa, anch'esso risalente all'epoca nuragica e dal cui pavimento sgorga acqua di sorgente; l’enorme bastione calcareo dell’Isola di Tavolara, che emerge candido dalle acque del Tirreno; e Porto Rotondo, con il suo particolare “centro storico” datato anni Sessanta.
Tra Cala Razza di Jancu e l’insenatura di Poltu Quatu si aprono i 55 chilometri di costa più famosi della Sardegna: la Costa Smeralda. Il litorale, percorso da infinite calette che si aprono sul mare, è realmente un sogno. La spiaggia di Capriccioli, quella di Liscia Ruia e l’abitato di Porto Cervo, benché legate nell’immaginario collettivo alla vita patinata, per la loro bellezza sono località da vedere. Eppure, anche in questo bagno di mondanità – evitabilissimo, sfuggendo all’alta stagione – verso l’interno è possibile scoprire paesi, come San Pantaleo, che, a pochi chilometri dalla costa, hanno saputo conservare la loro tradizionale vita legata al mondo agricolo e pastorale.
Il nostro percorso continua a seguire la costa sino a Palau, nei cui pressi l’incessante lavoro del vento e dell’acqua ha scolpito la Roccia di Capo d’Orso, un autentico capolavoro della natura. Davanti a queste coste si apre uno dei tratti di mare dai colori più sorprendenti, culla di una fauna marina che abbonda di specie rare e protette.
L’Arcipelago della Maddalena, costituito in Parco Nazionale nel 1996, è un santuario della natura per la protezione della fauna, della flora e dello stupendo paesaggio che si specchia nel mare circostante le Bocche di Bonifacio. Vera attrattiva delle isole che compongono il parco sono le cale, le insenature, gli alberi, i promontori, il granito lavorato dal tempo, le spiagge. Ogni frammento dell’arcipelago rivela un aspetto particolare, un colore unico, rocce e sabbie che parlano con il linguaggio della natura.
Dal mare, cristallino, traspaiono forti tonalità che si perdono nel blu profondo su cui si aprono spiagge che lasciano senza fiato. Tra le infinite meraviglie: Cala Spalmatore, Monti Rena e Cala d’Inferno, a La Maddalena; Cala Coticcio, Cala Brigantina, Cala Napoletana e Cala Andreana a Caprera; Spiaggia Rosa a Budelli; Cala Corsara, Cala Granara, Cala Soraia, Cala Conneri, a Spargi; Cala Tamerici e Cala Drappo a Santa Maria; Cala Lunga e Cala del Rosario a Razzoli.
Un piccolo promontorio di roccia affacciato sulle Bocche di Bonifacio, a pochi chilometri da Santa Teresa di Gallura. È Capo Testa, uno dei più celebrati scorci panoramici del gallurese. Il granito, il mare e, all’orizzonte, la grande mole della Corsica, riempiono lo sguardo; mentre una miriade di insenature offrono, di continuo, nuovi spunti e nuove suggestioni. Al cospetto di tale bellezza si deve restare in contemplativo silenzio, per cogliere il sibilo del vento che si insinua tra le rocce, per percepire l’incessante andirivieni del mare, dispensatore di vita tra i graniti più affascinanti dell’isola. Bei panorami e infinite calette si susseguono fino a Isola Rossa, dove la nostra strada punta decisamente all’interno.
Tempio Pausania, a mezza collina, distesa tra sugheri e vigneti, è la capitale storica della Gallura. Già importante centro nuragico, la Gemellae romana è ora una vitale cittadina che ospita un rinomato carnevale. Tra i monumenti meritevoli di visita: la cattedrale, l’Oratorio del rosario, il nuraghe Maiori. Da non perdere un’escursione al Monte Limbara, un massiccio granitico che raggiunge i 1.359 metri, solcato da fonti, ruscelli e laghetti, e dalla cui Punta Balistreri si gode uno dei migliori panorami dell’intera Sardegna settentrionale. Da Calangianus, che con Tempio si divide la palma di “capitale del sughero”, si giunge a Luras che conserva alcune delle più importanti testimonianze archeologiche dell’area: quattro dolmen funerari prenuragici. Il più importante, quello di Ladas, è facilmente raggiungibile, a due chilometri dal paese, percorrendo la strada che porta alla S.S. 133 in direzione Palau.
Ultima tappa del nostro itinerario in Gallura è Arzachena, nell'immediato retroterra della Costa Smeralda. I suoi dintorni sono un vero paradiso per gli amanti dell’archeologia. Nell'arco di un paio di chilometri, in direzione S. Antonio si scoprono, infatti, la Tomba dei giganti di Lu Coddhu ‘Ecchju, lunga 14 metri e sovrastata da un’imponente stele di granito che supera i 4 metri di altezza; il Nuraghe di La Prisgiona; le sepolture a circolo della Necropoli di Li Muri; e la Tomba dei Giganti Li Lolghi. Tornando verso Olbia, invece, si incontra l’imponente sagoma del Nuraghe Albucciu e il Tempietto di Malchittu.
La strada in direzione di S. Antonio merita inoltre di essere percorsa per la presenza, sulle sponde del lago artificiale del Liscia, di un enorme olivastro, uno degli alberi più vecchi e più grandi dell’intero continente europeo. Gli olivastri, come si intuisce dal nome, sono parenti “plebei” dell’ulivo che punteggiano con le loro chiome gran parte del paesaggio insulare. Sono riconoscibili per i loro minutissimi frutti: olive in versione mignon.
La cultura nuragica trova la sua spiegazione scientifica nei contatti tra le antiche popolazioni della Sardegna e i navigatori dell’Egeo, in particolare con la civiltà micenea. L’architettura dei villaggi nuragici, infatti, rivela diverse affinità con le coeve città micenee. Questa cultura, nei secoli, fu influenzata da fenici, etruschi e greci; entrò nell’orbita cartaginese; ed infine, divenne provincia romana al termine della Prima guerra punica.
Il popolo dei nuraghe ha lasciato su tutta l’isola importanti e spettacolari segni del proprio passaggio. Uno dei più affascinanti, e che ha acceso la fantasia popolare, è rappresentato dalle cosiddette Tombe dei Giganti. Sul territorio dell’isola se ne contano oltre trecento e il loro nome deriva dalla credenza popolare che solo un popolo di giganti avesse potuto sollevare pietre di così grandi dimensioni. Generalmente sono composte da una larga esedra, creata da piatte pietre di grandi dimensioni infisse nel terreno, con al centro un’enorme stele che, attraverso una sorta di piccola porta, introduce in un lungo corridoio: la tomba vera e propria.
Alghero
Antichi bastioni di pietra si protendono nel mare. Da secoli proteggono un’enclave catalana in terra di Sardegna: Alghero. Isola culturale, naturalistica, archeologica, la città è anche un centro turistico di prim'ordine: servito dall'aeroporto di Fertilia e vicino a Porto Torres, approdo dei traghetti provenienti dall'Italia continentale e dalla Francia. La sua costa, denominata Riviera del Corallo, mantiene tutte le promesse del toponimo: 75 chilometri di costa, compresa tra il massiccio calcareo di Capo Caccia e la spiaggia di Poglina, dove morbidi arenili si intervallano a falesie a picco sul mare, calette solitarie, scogliere frastagliate e grotte marine di assoluta bellezza.
La metà del Trecento segna l’inizio dell'Alguer catalano. Nell'anno del Signore 1354, Pietro IV il Cerimonioso annetteva Alghero alla corona d’Aragona. Un dominio durato ben quattro secoli e che, ancora oggi, riecheggia nella parlata, nelle fortificazioni, nei palazzi e nelle chiese di questa isola catalana nell'isola dei sardi. Nelle strade della Ciutat di Alghero si respirano le tradizioni e la lingua della Catalunya, lo stesso amore per la cultura, e si incontra, di continuo, quel particolare stile gotico che risente dell’influenza araba, tipico della Spagna e di questo gioiello incastonato nella Riviera del Corallo.
Le fortificazioni e le torri immediatamente riportano ai tempi in cui, per Alghero, si sfidavano le flotte dei Doria e della corona d’Aragona. Tra le tante, meritano una citazione la Torre del Portal, la Torre de l’Esperò Reial, caratterizzata da una scala elicoidale che consente l’accesso all'ambiente superiore, e l’ottagonale Torre di Sant Jaume (San Giacomo). Dietro queste mura che sfidano il mare, si svela poi una centro storico di fascinosa arte gotica che giustifica la definizione di “Barceloneta”, piccola Barcellona sarda. Il centro storico - tra portali gigliati, archi a sesto acuto, cornici a bilancia, monofore, bifore e ornamenti fitomorfi – dischiude infatti lo sguardo su una città ricca d’arte e di cultura.
Il più importante monumento cittadino è senza dubbio la Chiesa di San Francesco, eccellente fusione di due fasi architettoniche: forme gotico-catalane in cui si inseriscono strutture tardo rinascimentali, facilmente riconoscibili per la differente colorazione della pietra arenaria che contraddistingue la facciata. La parte inferiore, con il suo rosone romanico, è trecentesca, mentre la parte superiore, caratterizzata dal grande rosone cieco, è una sopraelevazione del tardo Cinquecento. All'interno spicca il pregevole altare maggiore in marmi policromi, sovrastato da una volta stellata di indubbio fascino. Particolarmente interessanti risultano lo slanciato campanile e le 22 colonne del chiostro romanico, entrambi in arenaria. “L’Alghero sacra” si completa con la Cattedrale di Santa Maria, la Chiesa della Misericordia con il suo interessante campanile in stile coloniale spagnolo e la barocca S. Michele.
Ragguardevoli esempi di architettura catalano-aragonese spiccano nei tanti palazzi che adornano le vie del centro storico. Il Palazzo d'Albis, che la tradizione vuole abbia ospitato Carlo V, era la sede del governatore della città, inoltre svolgeva la funzione di residenza provvisoria per i viceré di Sardegna che, prima dell’insediamento a Cagliari, prestavano giuramento nella cattedrale di Alghero. Interessanti sono inoltre il Palazzo Machin con portale rinascimentale e finestre in stile gotico-catalano, Palazzo Guillot e i neoclassici Palazzo Lavagna e il Teatro Civico.
Anche all'esterno delle mura, Alghero riserva piacevoli sorprese come le splendide spiagge di Lazzaretto o di Le Bombarde. Le calme acque della baia di Porto Conte sono il preludio all’area naturalistica del Parco regionale di Porto Conte, mentre l’intera costa a nord della città è continuamente punteggiata da antiche torri militari. La statale, che da Alghero conduce a Porto Conte, fiancheggia l’interessantissimo complesso nuragico di Palmavera, costituito dalla cosiddetta Reggia, circondata dai resti di una cinquantina di capanne di forma prevalentemente circolare. Il nuraghe principale, la torre secondaria e il villaggio circostante sono databili ad un periodo compreso tra il XV e il VIII secolo a.C.
La lunga vita dell’insediamento, abbandonato a causa di un devastante incendio, testimonia l’evoluzione del popolo e della civiltà nuragica. L’Alghero archeologica offre al visitatore anche la necropoli prenuragica di Anghelu Ruju, lungo la provinciale per Porto Torres in località I Piani. Tra le più importanti aree archeologiche della Sardegna, annovera 38 ipogei neolitici, i più antichi risalenti al 3000 a.C. che esaltano l’evoluzione architettonica delle Domus de Janas (case delle fate).
Un capitolo a parte merita il promontorio calcareo di Capo Caccia, un best seller del Parco naturale regionale di Porto Conte. A strapiombo su un tratto di mare tutelato dall'Area marina protetta di Capo Caccia - Isola Piana, offre una stupenda vista dell’intero golfo di Alghero, e prezioso riparo a grifoni, falchi e gabbiani che nidificano sulle sue scogliere, sormontate da un’incontaminata macchia mediterranea. Dal culmine del promontorio, attraverso i 656 vertiginosi gradini della Escala del Cabirol (scala del capriolo), è possibile raggiungere la Grotta di Nettuno, visitabile con minore fatica anche in barca con escursione in partenza dal porto di Alghero.
Dove il mare sferza la roccia con la massima violenza, la natura ha costruito un capolavoro geologico fatto di ampie sale, gallerie, pozzi profondi e limpidi laghetti. Il percorso turistico, che rappresenta meno di un decimo dell’intero sviluppo della grotta, inizia con il Lago Lamarmora che, formato dall'acqua del mare, occupa interamente il salone d’ingresso contornato da pareti verdi-azzurro. Il percorso si snoda poi tra concrezioni calcaree di ogni tipo e dimensione, alle quali la fantasia dell’uomo ha attribuito vaghe somiglianze, quasi a esorcizzare la potenza dell’opera della natura.
La Barbagia
Una Sardegna diversa, nuda e cruda come la terra lontana dal mare, è quella che si scopre con un viaggio nella Barbagia. Ci si dimentica per un pò delle acque turchesi, delle spiagge da cartolina, dei tanto conclamati paradisi balneari dell’isola e si entra in un mondo parallelo dove la natura non smette di dettare regole. Una natura, questa volta, rupestre e calcarea, selvaggia e petrosa qual è la zona montana della provincia di Nuoro. E’ qui che si trova il tracciato geografico e morfologico di quel territorio che ha nome Barbagia e la cui area montuosa e collinare può essere considerata la roccaforte delle memorie, delle tradizioni e dei sapori della millenaria civiltà sarda.
In realtà, bisognerebbe parlare al plurale: le Barbagie. Perché sono diverse le aree in cui questo lembo di Sardegna rupestre va a finire con tutta una serie di specificità. In particolare, il territorio noto come Gal Barbagie e Mandrolisai comprende 26 comuni e abbraccia la Barbagia di Ollolai e la Barbagia di Belvì, il Mandrolisai e una piccola parte del Nuorese, la catena dei monti e altopiani calcarei del Supramonte di Orgosolo e buona parte del massiccio montuoso del Gennargentu (che in sardo vuol dire “porta d’argento”).
Si tratta di un territorio speciale dal punto di vista naturalistico, dove hanno trovato il loro habitat diverse specie endemiche del mondo vegetale e animale, dominato in primo luogo dal Supramonte, la maggiore area disabitata e selvaggia di tutta l’isola. E’ questo un vasto altipiano dolomitico che poggia su scisti e sul granito e presenta tutti i fenomeni del carsismo, dalle grotte alle doline ai campi solcati. La grande attrattiva ambientale di questo territorio dai contorni a volte surreali, è costituita dalle estese foreste di lecci, di frassini, di querce, tassi e macchia mediterranea.
Come è facile intuire, un ambiente così preservato e “isolato” per conformazione geografica ha saputo – causa forza maggiore e orgoglio identitario – conservare tradizioni e tramandare saperi senza che ne venisse minimamente intaccata l’originalità: i maestros, gli artigiani, (del ferro, del rame, del bronzo, del sughero e del legno) formano il tessuto umano che dà valore aggiunto a un patrimonio immateriale molto vivo da queste parti. Basti pensare che la tradizione antichissima del canto a tenore di Orgosolo è stata riconosciuta nel 2005 patrimonio (immateriale) dell’umanità dall'UNESCO.
Questa dimensione umana e comunitaria, lontana ancora dalle dinamiche invasive del turismo di massa, riveste di ulteriore attrattiva l’ambiente montano delle Barbagie, i suoi paesi, le sue tante e piccolissime aziende agricole, per lo più a conduzione familiare, molto specializzate soprattutto nella produzione di pecorino, Fiore sardo (formaggio conosciuto nella Barbagia di Ollolai già prima dell’arrivo dei romani in Sardegna, più di duemila anni fa) e latticini in genere, oppure nell'allevamento per la produzione di insaccati. Non mancano le piccole cantine, i panifici di un tempo, pastifici e laboratori dolciari che lavorano seguendo antiche ricette che tramandano i sapori di una terra dove davvero qualcosa ha dell’immutabile.
Dei centri che compongono il mosaico vivente della Barbagia, Orgosolo è tra i più famosi non solo in quanto è il più esteso, ma anche perché è uno dei pochi comuni a vantare diverse strutture turistiche (bed & breakfast, agriturismi, ristoranti e hotel). Il paese sorge su un pendio ai margini dell’altopiano di Pratobello, a circa 20 km da Nuoro. L’altopiano calcareo del Supramonte e l’antichissima foresta di Sas Baddes con i rari esemplari di flora e fauna che popolano le grotte e dirupi fanno da cornice a Orgosolo la cui zona è ricca peraltro di testimonianze nuragiche importanti, come i nuraghe Mereu (1800-238 a.C.) e Gorroppu (1800-238 a.C.). Quest’ultimo non è agevolissimo da raggiungere ma ricompensa con un bellissimo panorama dell’omonima gola e delle foreste millenarie.
Rifugio sicuro per banditi e latitanti sino a qualche decennio fa, Orgosolo è oggi una località che ha guadagnato fama turistica soprattutto per quel che riguarda trekking ed escursioni naturalistiche. I murales a sfondo sociale e politico tutt'ora visibili nel suo centro storico sono la testimonianza del passato di un paese divenuto negli anni Settanta simbolo delle lotte per l’indipendenza e della fierezza nazionale. Il trekking naturalistico consente di apprezzare appieno le meraviglie del Supramonte, come la spettacolare dolina di Su Suercone di 500 metri di diametro o il monte Novo San Giovanni, un cilindro calcareo che si erge e si fa ammirare anche a chilometri di distanza. Tra boschi millenari di lecci, roverelle, ginepri, aceri, tassi e intricati macchioni di eriche e ginestre, trovano il loro habitat cinghiali, mufloni, gatti selvatici e donnole, mentre in cielo planano aquile, falchi pellegrini o astore.
L’archeologia è l’altro tesoro di questo territorio la cui presenza umana si può far risalire ad almeno 5000 anni fa. Ne è testimonianza la presenza di reperti neolitici, necropoli ipogeiche, domus de janas (case delle fate, scavate nella roccia), e ancora dolmen, menhirs, nuraghi e le cosiddette tombe dei giganti, ovvero corridoi tombali circondati da un basso muretto. Oltre i famosi murales, ad Orgosolo si possono vedere alcune chiese di interesse culturale come la Parrocchia di San Pietro Apostolo (via Rinascita) del XVI secolo e la seicentesca Chiesa della Beata Vergine Assunta in via Santa Caterina. Tutto l’anno, invece, è buono per gustare ad Orgosolo i prodotti enogastronomici più tipici della Barbagia, sostando per i forni del paese dove non mancano mai pane carasau e su pane modde, insieme ai dolci a base di mandorle (Sa copuletta), i papassini con l’uva passa e le urillettas, treccioline di paste fritte immerse nel miele.
Da Orgosolo si può prendere la strada che porta alla caserma forestale di Montes per visitare il nuraghe Dovilineo. Sempre nei dintorni si possono vedere, sulla strada Nuoro-Orgosolo, le domus de janas Su Calavriche, una necropoli risalente al 3500 a.C. composta da tre tombe scavate nel granito. All’interno sono ancora visibili residui di pitture e davanti a una tomba i resti di un dolmen.
Un altro paese rinomato della Barbagia soprattutto per il suo centro storico e per l’elevato numero di chiese, è Oliena, dominato dal massiccio calcareo di Corrasi che è anche la cima più alta del Supramonte. Sul versante orientale del Monte Corrasi c’è una delle fonti carsiche più belle ed importanti d’Europa, il Su Gologone, mentre a pochi chilometri dalla valle di Lanaitto si trova il villaggio nuragico Sa Sadda e Sos Carros risalente al XIII-IX secolo a.C. circa.
Delle undici chiese, ricordate da Vittorio Angius nel 1843, vanno citate la ex-gesuitica di S. Ignazio di Loyola della seconda metà del XVII secolo, isolata nella piazza del Collegio, e l’antica parrocchiale di Santa Maria sull'omonima piazza, del XV secolo. Le altre chiese minori si trovavano un tempo ai margini dell’abitato, oggi sono inglobate nel paese (tranne una, Nostra Signora di Bonaria). Un altro edificio religioso significativo del paese è l’oratorio di Santa Croce la cui costruzione può collocarsi nel primo Seicento. Al suo interno spicca un bel Crocifisso ligneo che sovrasta l’altare insieme ad un’altra statua lignea del Cristo deposto, usata per i riti della Settimana Santa.
Come Orgosolo, anche Oliena vanta uno sfarzo nei costumi tradizionali che sono un vero e proprio patrimonio vivo presente quasi in ogni famiglia. Anche i più giovani li indossano durante le cerimonie più solenni dell’anno. Un’occasione estiva per ammirare le danze tradizionali e gli sfarzosi, eleganti costumi locali è la festa di San Lussorio il 21 agosto quando ad inaugurare la processione religiosa sono decine di cavalieri in abiti tradizionali.
Altri piccoli borghi della Barbagia mantengono intatto un fascino particolare, e ciascuno con qualche sua peculiarità. C’è Lodine, inerpicato sulle colline al confine meridionale dell’altopiano di Pratobello, Ollolai che, secondo la tradizione, fu dimora del re dei pastori capo dei barbaricini, Olzai con i dolmen, le chiesette medievali e reperti paleo-industriali. E ancora, Fonni, il paese più alto della Sardegna, Gavoi con paesaggi che si snodano fino alla fine del Gennargentu, Mamoiada, Orani, Orotelli, Orune, Oniferi, Ottana e Sarule. Tutti luoghi ideali per chi ama la montagna fuori dagli schemi, dalle folle e dalla omologazione culturale.
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