USA: i grandi parchi del Far West
Il grande Ovest, la frontiera, il Far West. Il mito americano per eccellenza, esaltato in chilometri di pellicole cinematografiche. La conquista, metro dopo metro, di sterminate terre di primitiva bellezza, da parte di indomiti pionieri alla ricerca di un luogo in cui vivere in modo dignitoso, magari grazie alla scoperta di qualche pepita d’oro. Una sorta di grande migrazione che, nella sua avanzata, ha macinato migliaia di chilometri e decine di popolazioni. Perché ogni frontiera ha il suo “prezzo” e l’ovest degli Stati Uniti l’ha pagato con il massacro, doloroso e spesso silenzioso, di antiche culture, come quelle Navajo e Apaches.
Testo di Cristiano Pinotti - foto di A. Fanzini e S. Rossini
Una terra che, nell'ottocento, ha offerto il proprio contributo di sangue alla storia, ha risposto alla sua “chiamata darwiniana”, in cui il più forte sopravvive a scapito del più debole, rispondendo a quella legge che, da millenni, regola tutte le controversie della specie Sapiens. L’arrivo dei coloni e della ferrovia, infatti, limitò sempre più il territorio della popolazione indigena della quale, attraverso la promulgazione dell’Indian Appropriation Act, del 1851, fu decretato l’invio nelle riserve.
Una terra, allo stesso tempo, temibile e affascinante che, nelle pieghe delle sue rocce, lascia trasparire i segni travolti dall'avanzata della “civiltà” e mostra, con straordinaria sfacciataggine, l’immenso lavoro della natura, la sua capacità di modellare la pietra, di scavare la materia, di levigare le montagne, di pietrificare il legno e di fotografare, come fossilizzato sulle ripide scarpate del Grand Canyon, la storia di questo nostro piccolo, meraviglioso pianeta.
I Nativi Americani
Gli Anasazi I nativi di queste terre sono lontani anni luce dal comune stereotipo, che vuole gli “indiani” nomadi alla perenne caccia del bisonte, inseguito su focosi cavalli montati a pelo. Gli abitanti del sud-ovest degli Stati Uniti erano, infatti, soprattutto contadini, intenti alla coltura di fagioli, mais, zucche, cotone e tabacco e vivevano in dimore stabili organizzate in villaggi, che gli spagnoli ribattezzarono pueblos. La cultura dei pueblos - discendente dagli abris (case ricavate da protezioni naturali) e dai pithouses (case a fossa) – si sviluppò particolarmente tra il 1100 e il 1300 ad opera degli Anasazi, gli “antichi”, in lingua Navajo.
I pueblos, di cui si trovano molte testimonianze in tutta l’area attraversata dal nostro itinerario, erano formati da strutture abitative costruite con mattoni che utilizzavano la cosiddetta tecnica adobe (argilla mista ad acqua, paglia e sabbia, e poi cotta al sole). L’adobe si caratterizza per eccezionali proprietà climatizzanti che permettono di isolare la casa dal freddo durante la stagione invernale e di mantenere gli ambienti freschi durante le torride giornate estive, per poi ridistribuire il calore di notte e fronteggiare così le elevate escursioni termiche.
Navajo, il “Popolo della terra”, attualmente rappresenta la popolazione indiana numericamente più importante di tutti gli Stati Uniti (circa 200.000 persone). Seminomadi, giunsero in quest’area provenienti dall'attuale Canada attorno al 1500 e attraverso il contatto con le popolazioni stanziali appresero i segreti della coltivazione dei campi e le abilità artigianali tipiche dei pueblos. Gli antichi costumi, tramandati oralmente, rivivono oggi in norme e cerimonie, nei pow wow (raduni) e nelle Danze del sole, a lungo osteggiate dal governo statunitense.
Quella Hopi - il cui nome pare derivare dal termine “Moki”, gente di pace – è l’etnia che meglio ha saputo preservare i propri costumi. Da oltre mille anni gli Hopi vivono sugli altopiani dell’Arizona e le loro tradizioni traggono nutrimento da questa cultura antica, che affonda le proprie radici in una profonda spiritualità, che rivive in cerimonie dai nomi suggestivi. Attualmente sono circa 10.000 gli Hopi che vivono in villaggi inseriti nella grande Riserva Navajo. La riserva che li ospita, comprendente il Canyon de Chelly e la Monument Valley, è un territorio piuttosto arido, la cui unica ricchezza si trova nel sottosuolo sotto forma di petrolio, gas e carbone, di cui beneficiano solo le grandi aziende estrattive. La vista di disoccupati e alcolisti è uno spettacolo, purtroppo, abituale.
Una terra, allo stesso tempo, temibile e affascinante che, nelle pieghe delle sue rocce, lascia trasparire i segni travolti dall'avanzata della “civiltà” e mostra, con straordinaria sfacciataggine, l’immenso lavoro della natura, la sua capacità di modellare la pietra, di scavare la materia, di levigare le montagne, di pietrificare il legno e di fotografare, come fossilizzato sulle ripide scarpate del Grand Canyon, la storia di questo nostro piccolo, meraviglioso pianeta.
I Nativi Americani
Gli Anasazi I nativi di queste terre sono lontani anni luce dal comune stereotipo, che vuole gli “indiani” nomadi alla perenne caccia del bisonte, inseguito su focosi cavalli montati a pelo. Gli abitanti del sud-ovest degli Stati Uniti erano, infatti, soprattutto contadini, intenti alla coltura di fagioli, mais, zucche, cotone e tabacco e vivevano in dimore stabili organizzate in villaggi, che gli spagnoli ribattezzarono pueblos. La cultura dei pueblos - discendente dagli abris (case ricavate da protezioni naturali) e dai pithouses (case a fossa) – si sviluppò particolarmente tra il 1100 e il 1300 ad opera degli Anasazi, gli “antichi”, in lingua Navajo.
I pueblos, di cui si trovano molte testimonianze in tutta l’area attraversata dal nostro itinerario, erano formati da strutture abitative costruite con mattoni che utilizzavano la cosiddetta tecnica adobe (argilla mista ad acqua, paglia e sabbia, e poi cotta al sole). L’adobe si caratterizza per eccezionali proprietà climatizzanti che permettono di isolare la casa dal freddo durante la stagione invernale e di mantenere gli ambienti freschi durante le torride giornate estive, per poi ridistribuire il calore di notte e fronteggiare così le elevate escursioni termiche.
Navajo, il “Popolo della terra”, attualmente rappresenta la popolazione indiana numericamente più importante di tutti gli Stati Uniti (circa 200.000 persone). Seminomadi, giunsero in quest’area provenienti dall'attuale Canada attorno al 1500 e attraverso il contatto con le popolazioni stanziali appresero i segreti della coltivazione dei campi e le abilità artigianali tipiche dei pueblos. Gli antichi costumi, tramandati oralmente, rivivono oggi in norme e cerimonie, nei pow wow (raduni) e nelle Danze del sole, a lungo osteggiate dal governo statunitense.
Quella Hopi - il cui nome pare derivare dal termine “Moki”, gente di pace – è l’etnia che meglio ha saputo preservare i propri costumi. Da oltre mille anni gli Hopi vivono sugli altopiani dell’Arizona e le loro tradizioni traggono nutrimento da questa cultura antica, che affonda le proprie radici in una profonda spiritualità, che rivive in cerimonie dai nomi suggestivi. Attualmente sono circa 10.000 gli Hopi che vivono in villaggi inseriti nella grande Riserva Navajo. La riserva che li ospita, comprendente il Canyon de Chelly e la Monument Valley, è un territorio piuttosto arido, la cui unica ricchezza si trova nel sottosuolo sotto forma di petrolio, gas e carbone, di cui beneficiano solo le grandi aziende estrattive. La vista di disoccupati e alcolisti è uno spettacolo, purtroppo, abituale.
Arizona
Il Grand Canyon è un viaggio nel tempo. Non il tempo degli uomini, quello che si conta in giorni e mesi, ma il tempo della natura, di questa forza meravigliosa che ha scolpito 450 chilometri di strapiombo, in quasi due miliardi di anni. Il fiume Colorado, l’orogenesi e il vento hanno modellato questo autentico capolavoro, che racchiude la storia stessa della Terra, scandita dalle differenti tonalità di colore che dipingono le ere geologiche impresse sulle sue pareti.
Situata nel cuore dell’Arizona Centrale, a 1300 metri di altitudine e circondata da imponenti formazioni rocciose dal caratteristico colore rosso, Sedona ha molto da offrire ai visitatori anche dal punto di vista artistico. Tempio della cultura New Age, la città propone un ricco calendario di eventi, tra cui spiccano le “Serata nelle Gallerie” (Evening in the Galleries), iniziativa che, ogni primo giovedì del mese, permette di visitare gratuitamente nove delle sue 40 gallerie d’arte. Il famoso pittore surrealista Max Ernst vi si stabilì all’inizio del Novecento, seguito, tra gli altri, da Joe Beeler, Charlie Dye, Johnny Hampton e George Phippen, fondatori di “Cowboy Artists of America”.
La Foresta Pietrificata, ma ancor più il Painted Desert, sono un tributo alla tavolozza della natura. La magia del colore trova qui la sua massima espressione, e poco importa la natura scientifica del fenomeno (i colori sono essenzialmente dovuti a processi di ossidazione dei minerali e all’accumulo di sostanze organiche), quello che conta è la sensazione che si prova osservando pietre che trasmettono emozioni e ci fanno rivivere, attraverso lo sguardo di Medusa, in una foresta subtropicale, strappata ai millenni della Terra. Quest’area assume notevole importanza storica per la presenza di antichi insediamenti della popolazione Hopi.
Una gola profonda oltre 300 metri, rosse pareti di roccia, guglie di pietra che si innalzano tra le leggende del popolo Navajo. Questo è il Canyon de Chelly National Monument, punteggiato da siti archeologici, abitazioni rupestri e avvolto da un’atmosfera, che non è improprio definire mistica. Per i Navajo il canyon assume poi un’importanza storica assoluta. Proprio in questa gola i Navajo subirono la loro più grande disfatta militare: nel 1863 le truppe del generale Carleton distrussero coltivazioni, villaggi e bestiame, e presero prigionieri oltre 6.000 Navajo, che furono costretti alla “Long Walk”, la lunga marcia che, non senza un pesante contributo di sangue, li portò fino a Bosque Redondo, in New Mexico, a quasi 400 miglia di distanza. Solo nel 1868 i Navajo poterono far ritorno in quella terra che è ora la loro riserva.
Ancora una volta è la roccia l’assoluta protagonista della Monument Valley Navajo Tribal Park, questo arido paesaggio compreso tra Utah e Arizona. “Butte” e totem di pietra, che nelle suggestive ore dell’alba o del tramonto si infiammano in tonalità dal rosso al viola, si innalzano nel cielo sino a 600 metri di altezza, per formare uno dei più tipici e fotografati paesaggi di tutti gli Stati Uniti.
Utah
Se l’arco a tutto sesto è una caratteristica architettonica romana e quello a sesto acuto definisce la concezione medioevale, l’Arches National Park illustra le infinite capacità della natura di disegnare archi con la sua materia prima preferita: la pietra. Assestamenti tettonici in collaborazione con vento, pioggia e sbalzi termici hanno eretto spettacolari archi rocciosi di arenaria rossa, che fanno di questo parco uno spettacolo di assoluta e impedibile bellezza.
Il più vasto, arido e selvaggio parco dello Utah, in cui il fiume Colorado e il suo affluente Green River si sono divertiti a scavare la roccia. Archi, pinnacoli, guglie, crateri, altopiani, labirinti rocciosi… Canyonlands, benché il nome ammicchi a un parco dei divertimenti di ultima generazione, è la Terra al suo stato primordiale, quasi priva di vegetazione, ma capace di ospitare coyote, volpi, sauri e serpenti. E dove le forze della Terra non sono state sufficienti ecco intervenire anche la mano extraterrestre: l’Upheaval Dome è infatti un cratere, profondo 300 metri, creato dalla caduta di un meteorite. Infine l’impronta umana: eccezionali disegni rupestri che raccontano, sulla Newspaper Rock, la vita quotidiana di Anasazi, Fremont, Paiute e Navajo, attraverso impronte, animali, uomini, scene di caccia.
Canyon è un appellativo che mal si addice al Brice Canyon National Park che, infatti, si presenta come un immenso anfiteatro sull’altopiano di Paunsaugunt, in cui l’erosione ha scolpito una delle sue più spettacolari opere. Le hoodoo sono le formazioni rocciose caratteristiche del Brice Park, migliaia di spirali calcaree, intervallate a mirabili castelli di pietra colorata in tonalità che dalla terracotta sfumano nel giallo e nel rosa e che mutano al variare della luce del giorno. In questo regno della pietra vivono i limber pines, conifere che riescono a rimanere attaccate anche alle più impervie pareti, per dare riparo a cervi, marmotte, linci, volpi, coyote e a una particolare specie di scoiattoli, le tamie striate. Nei cieli del Brice volano falchi, astori e sparute aquile.
La grandiosità della roccia si esalta nello Zion National Park scavato dalle acque del Virgin River. Perfetto per chi ama il trekking, lo Zion offre infatti percorsi per tutti i gusti e di qualsiasi difficoltà, che si snodano tra pareti vertiginose, altopiani, torri di roccia, piccoli laghetti e cascatelle d’acqua. Il nome, di biblica memoria (Sion), si deve alla massiccia presenza dei Mormoni che giunsero in questa zona a metà dell’Ottocento.
California
Non ce ne vogliano gli amanti del cinema, ma la California più interessante, specialmente per chi viaggia negli Stati Uniti con gli occhi da europeo, non abita a Los Angeles. La California che cerchiamo è un po’ più in su: ammantata di Sixties, di musica e di cultura; un po’ più in là: tra vino, oro e natura; un po’ più in giù: avvolta in storia, silenzio e deserto. Fedeli alla nostra premessa, saltiamo le famose località di Santa Monica, Malibu e Santa Barbara - spiaggioni in “stile Rimini” che, non potendo accontentarsi di un Adriatico qualsiasi, per dar sfogo a bagnini e bagnanti, si affacciano addirittura su un oceano - e ci concentriamo sulla parte migliore e spettacolare della Pacific Highway.
A nord di S. Luis Obispo inizia il tratto più interessante, con Morro Rock, un basso monte di origine vulcanica, che si eleva dai fondali marini; e con la costa, ricca di scogli e faraglioni, che ospita numerose colonie di elefanti marini. L’area di Big Sur toglie il fiato: montagne rocciose si precipitano nell'oceano, intervallate, di tanto in tanto, da piccole baie rocciose, mentre la strada, letteralmente aggrappata alla scogliera, separa il litorale dai canyon e dalle foreste dell’interno.
Carmel accoglie con il fascino di una California legata a differenti sensazioni: la vita bohémien degli artisti, un certo sapore anglosassone e un discreto snobismo borghese. Elementi che hanno contribuito a edificare un luogo dove non c’è posto per insegne al neon, semafori e cartelli stradali. Da non perdere la settecentesca San Carlos Borromeo del Rio Carmelo Mission, una delle meglio conservate missioni dell’intera California. Entrare a Monterey significa, invece, compiere un tuffo, seppure guidato, nel passato spagnolo, attraverso edifici del XVIII e XIX secolo, che donano alla città un fascino del tutto particolare. Posta in invidiabile posizione su una delle più belle baie della California, Monterey ospita l’imperdibile, Monterey Bay Aquarium.
La città di San Francisco è un crogiolo di sensazioni infinite. Tra le sue vie si respira un’atmosfera cosmopolita, perennemente in bilico sulla storia. I moderni grattacieli si contrappongono ai tram a cremagliera (cable car) che, anacronisticamente, salgono strade incredibilmente ripide. La San Francisco Bay è uno dei porti naturali più belli al mondo, limitata a nord dal famoso Golden Gate e verso il mare dalla sagoma dell’isola di Alcatraz, per trent'anni il più famigerato penitenziario federale degli Stati Uniti.
La downtown è luogo simbolo dei mille contrasti che rendono viva questa stupenda metropoli. Qui gli edifici pubblici - eretti in un’improbabile stile neoclassico, un secolo dopo l’esplosione europea di questa architettura – si contrappongono ad avveniristici palazzi che sfidano le leggi di Newton, oppure a minute ed aggraziate case vittoriane che, superando in eleganza tutti gli altri edifici, sono riuscite a conquistare l’immaginario collettivo, che, immediatamente, le associa a questa fantastica città californiana.
La visita di San Francisco non può prescindere da Chinatown, un piccolo lembo di Cina oltreoceano; oppure alle “hill”, le colline che la caratterizzano: Nob Hill, con la sua Grace Cathedral, che intende imitare il gotico parigino di Notre Dame, ma che al suo interno conserva anche alcuni pregevoli pezzi originali; Russian Hill per cui si inerpica la tortuosa Lombard Street, lastricata in mattoni rossi, che supera dislivelli del 40%; Telegraph Hill, con la sua Coit Tower che celebra il lavoro in California attraverso un ciclo di 16 affreschi; o Cathedral Hill, con la sua moderna cattedrale cattolica di S. Mary.
Sonoma County e Napa Valley costituiscono il cosiddetto Wine Country, la regione del vino, un luogo suggestivo, coperto di vigneti e scandito dalla presenza di aziende agricole, cantine e ristoranti. Gli edifici, l’attenzione per le piccole cose che rendono grandi i vini, la produzione stessa di ottimi spumanti e cabernet sauvignon, trasformano questa parte della California, in uno dei posti più europei degli interi Stati Uniti.
Sacramento, capitale della California, fu fondata all'epoca dei cercatori d’oro, vanta un bel centro storico e alcuni musei di notevole interesse (California State Railroad Museum, uno dei più importanti musei al mondo dedicati alle ferrovie; l'Old Sacramento Historic District; California State Indian Museum, illustra la vita del nativi d’America). Gli amanti del neoclassico possono soffermarsi allo State Capitol Building, sede del governo californiano.
Tutta l’area pedemontana della Sierra Nevada occidentale, circa 300 miglia, costituisce il cosiddetto Gold Country, la terra dell’oro, di quel lucente metallo che, da sempre, fa impazzire gli uomini. Dal 1848, e per i cent’anni che seguirono, migliaia di pionieri, avventurieri e contadini si trasformarono, infatti, in assatanati cercatori d’oro, che cambiarono per sempre il volto di quest’area geografica. Per questo, da Nevada City a Sonora è un susseguirsi di piccole città di minatori, fonderie e miniere perse tra foreste di querce, sequoie e grotte. Per rivivere le emozioni dei cercatori d’oro si possono effettuare piacevoli escursioni all’Empire Mine State Historic Park, al Marshall Gold Discovery State Historic Park, o alla Kennedy Gold Mine.
Picchi di maestosa imponenza, gole, strapiombi, laghi alpini, foreste e pascoli. È la Sierra Nevada, la catena montuosa, lavorata dai ghiacciai, che si estende per oltre 400 miglia al confine tra la California e il Nevada. In questo panorama di eccezionale meraviglia si trovano alcune delle manifestazioni naturali più belle dell’intera California. La prima è il Lago Tahoe, un immenso bacino di origine glaciale, azzurro brillante, totalmente circondato da magnifiche vette e incontaminate foreste. Sulle sue sponde vivevano, ovviamente prima dell’arrivo dell’uomo bianco, i Washo, cacciati durante l’Ottocento.
Le meraviglie della Yosemite Valley, l’antica U-Zu-Mate dei Miwok, affascinano ogni anno milioni di turisti. Il parco, infatti, è un autentico spettacolo della natura, un intreccio di paesaggi contrastanti, di cascate, di pascoli alpini che si alternano a vertiginose pareti di granito; il tutto avvolto da querce e sequoie, ingentilito dalle azalee e pervaso dalla forza vitale di orsi, cervi, scoiattoli, rettili e procioni. Infiniti i punti di interesse: il Tuolumne meadow, l’esteso pascolo posto a 2.580 metri di altitudine, punteggiato da laghetti alpini; le Yosemite Falls, i tre salti d’acqua che vanno a formare una cascata di oltre 700 metri; il Glacier Point, una straordinaria parete rocciosa sporgente sulla circostante vallata; il Mariposa Grove, il piccolo bosco, tra i 1.670 e i 2.100 metri, che ospita centinaia di sequoie secolari, tra le quali la Grizzly Giant, vecchia di 2.700 anni.
I nativi americani hanno subito la sorte che tutti conosciamo, tante specie animali sono state portate sull'orlo dell’estinzione, e persino gli alberi, le forme vitali più antiche del nostro pianeta, hanno spesso rischiato di essere sacrificati sull'altare della stupidità. Proprio per questo - per evitare che le sequoie, splendidi giganti che raccontano una storia millenaria, potessero finire sotto l’ascia dei taglialegna - è nato dall'unione di due parchi nazionali il Sequoia and Kings Canyon, in cui, tra suggestivi paesaggi, si conservano le piante più antiche della Terra.
All'interno del Sequoia National Park, la Giant Forest, con il suo campione d’altezza General Shermann Tree (84 metri), stupisce per l’enorme concentrazione di alberi maestosi, al cospetto dei quali ci si sente piccolissimi e probabilmente incapaci di comprendere appieno una vita così lunga e apparentemente inanimata, che ha visto cresce e svilupparsi la civiltà indigena e poi l’ha osservata scomparire sotto i colpi inferti dall'uomo bianco. Da non perdere, inoltre, Moro Rock, uno dei più interessanti monoliti della Sierra Nevada; Hospital Rock, una roccia dipinta dai nativi; Muir Grove e Redwood Canyon Forest, due delle più belle foreste dell’intera area.
La valle dell’impetuoso Kings River, con le sue ripide pareti di granito, è il contesto naturale del Kings Canyon National Park. L’area di Grant Grove è famosa per le sequoie giganti che superano i 3.000 anni. Tra tutti questi alberi millenari merita una citazione il famoso General Grant Tree, alto oltre 80 metri e con 12 metri di diametro. Particolarmente suggestivo il paesaggio offerto dal Kings Canyon da Cedar Groove alle Zumwalt Meadows. Entrambi i parchi offrono migliaia di chilometri di sentieri per gli amanti del trekking.
Come sono lontani gli alberi, i monti, le cascate, la vita dei grandi parchi nazionali. La Death Valley è il punto più basso e torrido (le temperature, in estate, facilmente raggiungono i 50°) dell’intero continente nordamericano. Un immenso lago scomparso da migliaia di anni, segnato dal trascorrere di un tempo, misurabile solo con i parametri dell’universo, e che gli uomini, che imprudentemente lo attraversarono oltre un secolo e mezzo fa, battezzarono “Valle della Morte”.
E questo perché, per qualsiasi manifestazione della natura, l’uomo utilizza sempre sistemi di misura che si rifanno alla propria particolare esperienza, senza calcolare che ogni singolo aggregato di materia è una piccola parte di un “tutto”, ampio, complesso e di assoluta semplicità. In ogni caso, se lo stereotipo del west vuole crani dalle lunghe corna luccicanti al sole, questo è il posto giusto per immaginarseli. Eppure la Death Valley è ben lontana dall'essere una desolata landa senza vita.
È un posto affascinante, che ospita circa 1.000 differenti specie vegetali, delle quali 21 presenti unicamente in questo lembo di California, caratterizzato da distese di sale e dune di sabbia che si alternano a canyon e a insolite formazioni rocciose. La fauna è degnamente rappresentata da sauri, serpenti, scorpioni e coyote. Davvero tanti i punti panoramici: Bad Water, un piccolo lago salato posto nella più importante depressione di tutto il nord America; Dante’s View, un belvedere a 1.700 metri di quota, che domina l’intera Death Valley e che abbraccia con lo sguardo un panorama che arriva fino al Monte Whitney; Zabriskie Point, particolarmente suggestivo nelle ore del tramonto con le rocce che si colorano d’oro; e poi ancora le Black Mountains e il vulcano Ubehebe Crater.
Wyoming
Yellowstone, il più antico parco nazionale nord-americano. Risale infatti al 1872, la dichiarazione del Congresso degli Stati Uniti che ha elevato a Riserva tutta la zona nord-occidentale del Wyoming, compresa una piccola parte dell'Idaho e del Montana, per un totale di 866.300 ettari, portati oggi a 898.349. Nel cuore delle Montagne Rocciose, Yellowstone si trova a un’altitudine media di 2.400 metri.
Miglia e miglia di natura incontaminata: animali liberi e protetti, acque cristalline, cascate, laghi alpini, geyser, fumarole. Gli elementi vitali: la terra, l’acqua e il fuoco si incontrano e ricreano la vita senza l’uomo, che ritorna semplice spettatore e non più protagonista assoluto. Yellowstone va visitato con questo spirito, con gli occhi di chi guarda e apprezza la perfezione di un mondo ricco di contrasti. Il ghiaccio dei laghi alpini si contrappone ai roventi fanghi vulcanici, la mitezza del cervo ai denti del lupo o della lince, l’eleganza dell’aquila alla maestosa possanza del bisonte e dell’orso. Essere ospiti di Yellowstone - specialmente se si ha la possibilità di visitare il parco nella stagione più opportuna, la primavera – significa osservare un ecosistema perfetto.
Il cuore del parco è occupato dal lago Yellowstone, mentre l’omonimo fiume vi ha scavato un canyon di 32 chilometri di lunghezza, con pareti scoscese, profonde. Due spettacolari cascate segnano questo lungo percorso. Fino alla seconda metà dell’Ottocento l’area del parco era occupata da tribù Shoshone, Crow e Blackfeet, oggi è un paradiso per chi ama la natura allo stato puro e per chi desidera compiere escursioni a piedi. Oltre 85 itinerari permettono di accedere a una rete di 1200 miglia di sentieri.
Il parco sorge su un gigantesco catino magmatico, che sfoga la propria potenza in geyser, sorgenti calde, fumarole e vulcani di fango. Tra queste, i geyser sono, senza dubbio, le manifestazioni vulcaniche più spettacolari, con l’acqua che viene violentemente spruzzata verso l’alto a intervalli regolari, ogni qualvolta le condizioni di pressione e temperatura lo consentono. Nel parco si contano circa 10.000 geyser e risorgive termali. Il più famoso geyser del parco è senza dubbio l'Old Faithfull, che ogni 60 minuti spruzza acqua a circa 50 metri di altezza.
Tra gli altri vanno citati il Castle Geyser, il Grand Geyser, lo Spasmodic Geyser, il Giant Geyser e il Lower Geyser Basin, bacino che permette di osservare, a pochi metri di distanza, sorgenti calde, fumarole, geyser e vulcani di fango. Le più celebri fonti termali sono invece le Mammoth hot springs, poste all'estremità nordoccidentale del parco, caratterizzate da terrazze a cascata, create da millenni di depositi minerali. La zona di Mud Vulcano, nei pressi del lago, è invece costellata di piccoli vulcani di fango, piscine e fonti termali. I vulcani di fango, per la presenza di zolfo, risultano spesso poco gradevoli all'olfatto.
L’ecosistema del parco è tuttora completamente intatto, con una vasta biodiversità di fauna selvaggia. La primavera è il momento migliore per visitare Yellowstone: la scarsità di visitatori permette di assistere ad una serie di comportamenti animali unici, dove l’istinto protettivo e materno di alcune specie si scontra con quello predatorio di altre. E' la primavera, infatti, più precisamente i mesi di maggio a giugno, l'unico periodo dell'anno in cui le femmine di cervo partoriscono per cercare di ridurre al minimo i rischi di predazione per i loro piccoli e aumentare le loro possibilità di sopravvivenza.
Esigenze di cervi e predatori si intrecciano in un “crudele” gioco di nascondiglio e di ricerca, che un occhio attento, magari aiutato dalla presenza di una guida del parco, può scorgere da uno dei migliori punti di osservazione: la Lamar Valley. All'interno del parco, infatti, la Lamar Valley attira una grande varietà di specie animali: lupi, cervi, aironi, falchi, aquile, tassi, volpi, coyote, antilopi e bisonti. Senza dimenticare che a Yellowstone si possono ammirare anche capre di montagna, alci e la famosa “bald-eagle”, l'aquila simbolo degli Stati Uniti. Infine, chiunque abbia una minima dimestichezza con i cartoni animati, sa che Yellowstone è il paradiso degli orsi. Qui infatti vivono due specie di orsi bruni: il Baribal e il grande Grizzly, un “cucciolo” che può superare i quattrocento chili di peso.
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Il Grand Canyon è un viaggio nel tempo. Non il tempo degli uomini, quello che si conta in giorni e mesi, ma il tempo della natura, di questa forza meravigliosa che ha scolpito 450 chilometri di strapiombo, in quasi due miliardi di anni. Il fiume Colorado, l’orogenesi e il vento hanno modellato questo autentico capolavoro, che racchiude la storia stessa della Terra, scandita dalle differenti tonalità di colore che dipingono le ere geologiche impresse sulle sue pareti.
Situata nel cuore dell’Arizona Centrale, a 1300 metri di altitudine e circondata da imponenti formazioni rocciose dal caratteristico colore rosso, Sedona ha molto da offrire ai visitatori anche dal punto di vista artistico. Tempio della cultura New Age, la città propone un ricco calendario di eventi, tra cui spiccano le “Serata nelle Gallerie” (Evening in the Galleries), iniziativa che, ogni primo giovedì del mese, permette di visitare gratuitamente nove delle sue 40 gallerie d’arte. Il famoso pittore surrealista Max Ernst vi si stabilì all’inizio del Novecento, seguito, tra gli altri, da Joe Beeler, Charlie Dye, Johnny Hampton e George Phippen, fondatori di “Cowboy Artists of America”.
La Foresta Pietrificata, ma ancor più il Painted Desert, sono un tributo alla tavolozza della natura. La magia del colore trova qui la sua massima espressione, e poco importa la natura scientifica del fenomeno (i colori sono essenzialmente dovuti a processi di ossidazione dei minerali e all’accumulo di sostanze organiche), quello che conta è la sensazione che si prova osservando pietre che trasmettono emozioni e ci fanno rivivere, attraverso lo sguardo di Medusa, in una foresta subtropicale, strappata ai millenni della Terra. Quest’area assume notevole importanza storica per la presenza di antichi insediamenti della popolazione Hopi.
Una gola profonda oltre 300 metri, rosse pareti di roccia, guglie di pietra che si innalzano tra le leggende del popolo Navajo. Questo è il Canyon de Chelly National Monument, punteggiato da siti archeologici, abitazioni rupestri e avvolto da un’atmosfera, che non è improprio definire mistica. Per i Navajo il canyon assume poi un’importanza storica assoluta. Proprio in questa gola i Navajo subirono la loro più grande disfatta militare: nel 1863 le truppe del generale Carleton distrussero coltivazioni, villaggi e bestiame, e presero prigionieri oltre 6.000 Navajo, che furono costretti alla “Long Walk”, la lunga marcia che, non senza un pesante contributo di sangue, li portò fino a Bosque Redondo, in New Mexico, a quasi 400 miglia di distanza. Solo nel 1868 i Navajo poterono far ritorno in quella terra che è ora la loro riserva.
Ancora una volta è la roccia l’assoluta protagonista della Monument Valley Navajo Tribal Park, questo arido paesaggio compreso tra Utah e Arizona. “Butte” e totem di pietra, che nelle suggestive ore dell’alba o del tramonto si infiammano in tonalità dal rosso al viola, si innalzano nel cielo sino a 600 metri di altezza, per formare uno dei più tipici e fotografati paesaggi di tutti gli Stati Uniti.
Utah
Se l’arco a tutto sesto è una caratteristica architettonica romana e quello a sesto acuto definisce la concezione medioevale, l’Arches National Park illustra le infinite capacità della natura di disegnare archi con la sua materia prima preferita: la pietra. Assestamenti tettonici in collaborazione con vento, pioggia e sbalzi termici hanno eretto spettacolari archi rocciosi di arenaria rossa, che fanno di questo parco uno spettacolo di assoluta e impedibile bellezza.
Il più vasto, arido e selvaggio parco dello Utah, in cui il fiume Colorado e il suo affluente Green River si sono divertiti a scavare la roccia. Archi, pinnacoli, guglie, crateri, altopiani, labirinti rocciosi… Canyonlands, benché il nome ammicchi a un parco dei divertimenti di ultima generazione, è la Terra al suo stato primordiale, quasi priva di vegetazione, ma capace di ospitare coyote, volpi, sauri e serpenti. E dove le forze della Terra non sono state sufficienti ecco intervenire anche la mano extraterrestre: l’Upheaval Dome è infatti un cratere, profondo 300 metri, creato dalla caduta di un meteorite. Infine l’impronta umana: eccezionali disegni rupestri che raccontano, sulla Newspaper Rock, la vita quotidiana di Anasazi, Fremont, Paiute e Navajo, attraverso impronte, animali, uomini, scene di caccia.
Canyon è un appellativo che mal si addice al Brice Canyon National Park che, infatti, si presenta come un immenso anfiteatro sull’altopiano di Paunsaugunt, in cui l’erosione ha scolpito una delle sue più spettacolari opere. Le hoodoo sono le formazioni rocciose caratteristiche del Brice Park, migliaia di spirali calcaree, intervallate a mirabili castelli di pietra colorata in tonalità che dalla terracotta sfumano nel giallo e nel rosa e che mutano al variare della luce del giorno. In questo regno della pietra vivono i limber pines, conifere che riescono a rimanere attaccate anche alle più impervie pareti, per dare riparo a cervi, marmotte, linci, volpi, coyote e a una particolare specie di scoiattoli, le tamie striate. Nei cieli del Brice volano falchi, astori e sparute aquile.
La grandiosità della roccia si esalta nello Zion National Park scavato dalle acque del Virgin River. Perfetto per chi ama il trekking, lo Zion offre infatti percorsi per tutti i gusti e di qualsiasi difficoltà, che si snodano tra pareti vertiginose, altopiani, torri di roccia, piccoli laghetti e cascatelle d’acqua. Il nome, di biblica memoria (Sion), si deve alla massiccia presenza dei Mormoni che giunsero in questa zona a metà dell’Ottocento.
California
Non ce ne vogliano gli amanti del cinema, ma la California più interessante, specialmente per chi viaggia negli Stati Uniti con gli occhi da europeo, non abita a Los Angeles. La California che cerchiamo è un po’ più in su: ammantata di Sixties, di musica e di cultura; un po’ più in là: tra vino, oro e natura; un po’ più in giù: avvolta in storia, silenzio e deserto. Fedeli alla nostra premessa, saltiamo le famose località di Santa Monica, Malibu e Santa Barbara - spiaggioni in “stile Rimini” che, non potendo accontentarsi di un Adriatico qualsiasi, per dar sfogo a bagnini e bagnanti, si affacciano addirittura su un oceano - e ci concentriamo sulla parte migliore e spettacolare della Pacific Highway.
A nord di S. Luis Obispo inizia il tratto più interessante, con Morro Rock, un basso monte di origine vulcanica, che si eleva dai fondali marini; e con la costa, ricca di scogli e faraglioni, che ospita numerose colonie di elefanti marini. L’area di Big Sur toglie il fiato: montagne rocciose si precipitano nell'oceano, intervallate, di tanto in tanto, da piccole baie rocciose, mentre la strada, letteralmente aggrappata alla scogliera, separa il litorale dai canyon e dalle foreste dell’interno.
Carmel accoglie con il fascino di una California legata a differenti sensazioni: la vita bohémien degli artisti, un certo sapore anglosassone e un discreto snobismo borghese. Elementi che hanno contribuito a edificare un luogo dove non c’è posto per insegne al neon, semafori e cartelli stradali. Da non perdere la settecentesca San Carlos Borromeo del Rio Carmelo Mission, una delle meglio conservate missioni dell’intera California. Entrare a Monterey significa, invece, compiere un tuffo, seppure guidato, nel passato spagnolo, attraverso edifici del XVIII e XIX secolo, che donano alla città un fascino del tutto particolare. Posta in invidiabile posizione su una delle più belle baie della California, Monterey ospita l’imperdibile, Monterey Bay Aquarium.
La città di San Francisco è un crogiolo di sensazioni infinite. Tra le sue vie si respira un’atmosfera cosmopolita, perennemente in bilico sulla storia. I moderni grattacieli si contrappongono ai tram a cremagliera (cable car) che, anacronisticamente, salgono strade incredibilmente ripide. La San Francisco Bay è uno dei porti naturali più belli al mondo, limitata a nord dal famoso Golden Gate e verso il mare dalla sagoma dell’isola di Alcatraz, per trent'anni il più famigerato penitenziario federale degli Stati Uniti.
La downtown è luogo simbolo dei mille contrasti che rendono viva questa stupenda metropoli. Qui gli edifici pubblici - eretti in un’improbabile stile neoclassico, un secolo dopo l’esplosione europea di questa architettura – si contrappongono ad avveniristici palazzi che sfidano le leggi di Newton, oppure a minute ed aggraziate case vittoriane che, superando in eleganza tutti gli altri edifici, sono riuscite a conquistare l’immaginario collettivo, che, immediatamente, le associa a questa fantastica città californiana.
La visita di San Francisco non può prescindere da Chinatown, un piccolo lembo di Cina oltreoceano; oppure alle “hill”, le colline che la caratterizzano: Nob Hill, con la sua Grace Cathedral, che intende imitare il gotico parigino di Notre Dame, ma che al suo interno conserva anche alcuni pregevoli pezzi originali; Russian Hill per cui si inerpica la tortuosa Lombard Street, lastricata in mattoni rossi, che supera dislivelli del 40%; Telegraph Hill, con la sua Coit Tower che celebra il lavoro in California attraverso un ciclo di 16 affreschi; o Cathedral Hill, con la sua moderna cattedrale cattolica di S. Mary.
Sonoma County e Napa Valley costituiscono il cosiddetto Wine Country, la regione del vino, un luogo suggestivo, coperto di vigneti e scandito dalla presenza di aziende agricole, cantine e ristoranti. Gli edifici, l’attenzione per le piccole cose che rendono grandi i vini, la produzione stessa di ottimi spumanti e cabernet sauvignon, trasformano questa parte della California, in uno dei posti più europei degli interi Stati Uniti.
Sacramento, capitale della California, fu fondata all'epoca dei cercatori d’oro, vanta un bel centro storico e alcuni musei di notevole interesse (California State Railroad Museum, uno dei più importanti musei al mondo dedicati alle ferrovie; l'Old Sacramento Historic District; California State Indian Museum, illustra la vita del nativi d’America). Gli amanti del neoclassico possono soffermarsi allo State Capitol Building, sede del governo californiano.
Tutta l’area pedemontana della Sierra Nevada occidentale, circa 300 miglia, costituisce il cosiddetto Gold Country, la terra dell’oro, di quel lucente metallo che, da sempre, fa impazzire gli uomini. Dal 1848, e per i cent’anni che seguirono, migliaia di pionieri, avventurieri e contadini si trasformarono, infatti, in assatanati cercatori d’oro, che cambiarono per sempre il volto di quest’area geografica. Per questo, da Nevada City a Sonora è un susseguirsi di piccole città di minatori, fonderie e miniere perse tra foreste di querce, sequoie e grotte. Per rivivere le emozioni dei cercatori d’oro si possono effettuare piacevoli escursioni all’Empire Mine State Historic Park, al Marshall Gold Discovery State Historic Park, o alla Kennedy Gold Mine.
Picchi di maestosa imponenza, gole, strapiombi, laghi alpini, foreste e pascoli. È la Sierra Nevada, la catena montuosa, lavorata dai ghiacciai, che si estende per oltre 400 miglia al confine tra la California e il Nevada. In questo panorama di eccezionale meraviglia si trovano alcune delle manifestazioni naturali più belle dell’intera California. La prima è il Lago Tahoe, un immenso bacino di origine glaciale, azzurro brillante, totalmente circondato da magnifiche vette e incontaminate foreste. Sulle sue sponde vivevano, ovviamente prima dell’arrivo dell’uomo bianco, i Washo, cacciati durante l’Ottocento.
Le meraviglie della Yosemite Valley, l’antica U-Zu-Mate dei Miwok, affascinano ogni anno milioni di turisti. Il parco, infatti, è un autentico spettacolo della natura, un intreccio di paesaggi contrastanti, di cascate, di pascoli alpini che si alternano a vertiginose pareti di granito; il tutto avvolto da querce e sequoie, ingentilito dalle azalee e pervaso dalla forza vitale di orsi, cervi, scoiattoli, rettili e procioni. Infiniti i punti di interesse: il Tuolumne meadow, l’esteso pascolo posto a 2.580 metri di altitudine, punteggiato da laghetti alpini; le Yosemite Falls, i tre salti d’acqua che vanno a formare una cascata di oltre 700 metri; il Glacier Point, una straordinaria parete rocciosa sporgente sulla circostante vallata; il Mariposa Grove, il piccolo bosco, tra i 1.670 e i 2.100 metri, che ospita centinaia di sequoie secolari, tra le quali la Grizzly Giant, vecchia di 2.700 anni.
I nativi americani hanno subito la sorte che tutti conosciamo, tante specie animali sono state portate sull'orlo dell’estinzione, e persino gli alberi, le forme vitali più antiche del nostro pianeta, hanno spesso rischiato di essere sacrificati sull'altare della stupidità. Proprio per questo - per evitare che le sequoie, splendidi giganti che raccontano una storia millenaria, potessero finire sotto l’ascia dei taglialegna - è nato dall'unione di due parchi nazionali il Sequoia and Kings Canyon, in cui, tra suggestivi paesaggi, si conservano le piante più antiche della Terra.
All'interno del Sequoia National Park, la Giant Forest, con il suo campione d’altezza General Shermann Tree (84 metri), stupisce per l’enorme concentrazione di alberi maestosi, al cospetto dei quali ci si sente piccolissimi e probabilmente incapaci di comprendere appieno una vita così lunga e apparentemente inanimata, che ha visto cresce e svilupparsi la civiltà indigena e poi l’ha osservata scomparire sotto i colpi inferti dall'uomo bianco. Da non perdere, inoltre, Moro Rock, uno dei più interessanti monoliti della Sierra Nevada; Hospital Rock, una roccia dipinta dai nativi; Muir Grove e Redwood Canyon Forest, due delle più belle foreste dell’intera area.
La valle dell’impetuoso Kings River, con le sue ripide pareti di granito, è il contesto naturale del Kings Canyon National Park. L’area di Grant Grove è famosa per le sequoie giganti che superano i 3.000 anni. Tra tutti questi alberi millenari merita una citazione il famoso General Grant Tree, alto oltre 80 metri e con 12 metri di diametro. Particolarmente suggestivo il paesaggio offerto dal Kings Canyon da Cedar Groove alle Zumwalt Meadows. Entrambi i parchi offrono migliaia di chilometri di sentieri per gli amanti del trekking.
Come sono lontani gli alberi, i monti, le cascate, la vita dei grandi parchi nazionali. La Death Valley è il punto più basso e torrido (le temperature, in estate, facilmente raggiungono i 50°) dell’intero continente nordamericano. Un immenso lago scomparso da migliaia di anni, segnato dal trascorrere di un tempo, misurabile solo con i parametri dell’universo, e che gli uomini, che imprudentemente lo attraversarono oltre un secolo e mezzo fa, battezzarono “Valle della Morte”.
E questo perché, per qualsiasi manifestazione della natura, l’uomo utilizza sempre sistemi di misura che si rifanno alla propria particolare esperienza, senza calcolare che ogni singolo aggregato di materia è una piccola parte di un “tutto”, ampio, complesso e di assoluta semplicità. In ogni caso, se lo stereotipo del west vuole crani dalle lunghe corna luccicanti al sole, questo è il posto giusto per immaginarseli. Eppure la Death Valley è ben lontana dall'essere una desolata landa senza vita.
È un posto affascinante, che ospita circa 1.000 differenti specie vegetali, delle quali 21 presenti unicamente in questo lembo di California, caratterizzato da distese di sale e dune di sabbia che si alternano a canyon e a insolite formazioni rocciose. La fauna è degnamente rappresentata da sauri, serpenti, scorpioni e coyote. Davvero tanti i punti panoramici: Bad Water, un piccolo lago salato posto nella più importante depressione di tutto il nord America; Dante’s View, un belvedere a 1.700 metri di quota, che domina l’intera Death Valley e che abbraccia con lo sguardo un panorama che arriva fino al Monte Whitney; Zabriskie Point, particolarmente suggestivo nelle ore del tramonto con le rocce che si colorano d’oro; e poi ancora le Black Mountains e il vulcano Ubehebe Crater.
Wyoming
Yellowstone, il più antico parco nazionale nord-americano. Risale infatti al 1872, la dichiarazione del Congresso degli Stati Uniti che ha elevato a Riserva tutta la zona nord-occidentale del Wyoming, compresa una piccola parte dell'Idaho e del Montana, per un totale di 866.300 ettari, portati oggi a 898.349. Nel cuore delle Montagne Rocciose, Yellowstone si trova a un’altitudine media di 2.400 metri.
Miglia e miglia di natura incontaminata: animali liberi e protetti, acque cristalline, cascate, laghi alpini, geyser, fumarole. Gli elementi vitali: la terra, l’acqua e il fuoco si incontrano e ricreano la vita senza l’uomo, che ritorna semplice spettatore e non più protagonista assoluto. Yellowstone va visitato con questo spirito, con gli occhi di chi guarda e apprezza la perfezione di un mondo ricco di contrasti. Il ghiaccio dei laghi alpini si contrappone ai roventi fanghi vulcanici, la mitezza del cervo ai denti del lupo o della lince, l’eleganza dell’aquila alla maestosa possanza del bisonte e dell’orso. Essere ospiti di Yellowstone - specialmente se si ha la possibilità di visitare il parco nella stagione più opportuna, la primavera – significa osservare un ecosistema perfetto.
Il cuore del parco è occupato dal lago Yellowstone, mentre l’omonimo fiume vi ha scavato un canyon di 32 chilometri di lunghezza, con pareti scoscese, profonde. Due spettacolari cascate segnano questo lungo percorso. Fino alla seconda metà dell’Ottocento l’area del parco era occupata da tribù Shoshone, Crow e Blackfeet, oggi è un paradiso per chi ama la natura allo stato puro e per chi desidera compiere escursioni a piedi. Oltre 85 itinerari permettono di accedere a una rete di 1200 miglia di sentieri.
Il parco sorge su un gigantesco catino magmatico, che sfoga la propria potenza in geyser, sorgenti calde, fumarole e vulcani di fango. Tra queste, i geyser sono, senza dubbio, le manifestazioni vulcaniche più spettacolari, con l’acqua che viene violentemente spruzzata verso l’alto a intervalli regolari, ogni qualvolta le condizioni di pressione e temperatura lo consentono. Nel parco si contano circa 10.000 geyser e risorgive termali. Il più famoso geyser del parco è senza dubbio l'Old Faithfull, che ogni 60 minuti spruzza acqua a circa 50 metri di altezza.
Tra gli altri vanno citati il Castle Geyser, il Grand Geyser, lo Spasmodic Geyser, il Giant Geyser e il Lower Geyser Basin, bacino che permette di osservare, a pochi metri di distanza, sorgenti calde, fumarole, geyser e vulcani di fango. Le più celebri fonti termali sono invece le Mammoth hot springs, poste all'estremità nordoccidentale del parco, caratterizzate da terrazze a cascata, create da millenni di depositi minerali. La zona di Mud Vulcano, nei pressi del lago, è invece costellata di piccoli vulcani di fango, piscine e fonti termali. I vulcani di fango, per la presenza di zolfo, risultano spesso poco gradevoli all'olfatto.
L’ecosistema del parco è tuttora completamente intatto, con una vasta biodiversità di fauna selvaggia. La primavera è il momento migliore per visitare Yellowstone: la scarsità di visitatori permette di assistere ad una serie di comportamenti animali unici, dove l’istinto protettivo e materno di alcune specie si scontra con quello predatorio di altre. E' la primavera, infatti, più precisamente i mesi di maggio a giugno, l'unico periodo dell'anno in cui le femmine di cervo partoriscono per cercare di ridurre al minimo i rischi di predazione per i loro piccoli e aumentare le loro possibilità di sopravvivenza.
Esigenze di cervi e predatori si intrecciano in un “crudele” gioco di nascondiglio e di ricerca, che un occhio attento, magari aiutato dalla presenza di una guida del parco, può scorgere da uno dei migliori punti di osservazione: la Lamar Valley. All'interno del parco, infatti, la Lamar Valley attira una grande varietà di specie animali: lupi, cervi, aironi, falchi, aquile, tassi, volpi, coyote, antilopi e bisonti. Senza dimenticare che a Yellowstone si possono ammirare anche capre di montagna, alci e la famosa “bald-eagle”, l'aquila simbolo degli Stati Uniti. Infine, chiunque abbia una minima dimestichezza con i cartoni animati, sa che Yellowstone è il paradiso degli orsi. Qui infatti vivono due specie di orsi bruni: il Baribal e il grande Grizzly, un “cucciolo” che può superare i quattrocento chili di peso.
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