Francia: Carcassonne e Linguadoca
E’ una terra di contrasti che accoglie una varietà di paesaggi mutevoli almeno quanto le suggestioni che è in grado di offrire: come aprendo un libro di storia o un romanzo epico ed esoterico, ecco svelarsi la magia concreta e al tempo stesso intangibile dell'antica Linguadoca (corrispondente alle attuali regioni francesi Linguadoca-Rossiglione e Midi-Pirenei). Siamo nei confini che schiusero la fioritura culturale della Langue d’Oc, la lingua romanza dei Trovatori, sopravvissuta fino ad oggi nella lingua occitana (oggetto di studio in scuole e università), tra i castelli e i borghi medievali che furono teatro della Crociata contro i Catari o Albigesi.
Testo e foto a cura della redazione
Carcassonne
Una terra, dunque, intrisa di poesia, letteratura e spiritualità che raggiunge apici di bellezza nei castelli catari che si ergono ai piedi dei Pirenei e in cittadelle medievali dove il tempo sembra essersi fermato, come Carcassonne sul fiume Aude ad esempio, un tabernacolo di vestigia di oltre 2000 anni di storia protetto dall’Unesco e riconosciuto come uno dei migliori esempi di borghi fortificati in Francia. Antica via di passaggio tra l’oceano Atlantico ed il Mediterraneo, dipartimento di frontiera fra la Linguadoca-Rossiglione e il Midi-Pirenei è l’Aude, il Paese Cataro dove si trova Carcassonne, uno dei borghi medievali più interessanti di tutta la Francia, salutato unanimemente come la “merveille du Midì”.
La terra odese è onnicomprensiva dal momento che include 50 chilometri almeno di litorale e in più la montagna con i picchi vertiginosi e maestosi dei Pirenei a sud e la Montagna Nera a nord. Senza dimenticare i vigneti addossati ai pendii sassosi delle colline a sud, nelle Corbières e il Minervois. Castelli e abbazie sono le testimonianze principali di una storia molto ricca che ha dato origine ad alcuni dei siti più belli del patrimonio odese.
Colonia romana fondata sul fiume Aude, Carcassonne o Carcassona, è il vero gioiello della regione di cui è il capoluogo. Attraversata dal Canal du Midi, è bagnata anche dal fiume Aude. Situato al crocevia di due grandi strade di comunicazione utilizzate fin dall’antichità – l’asse est-ovest dall’Atlantico al Mediterraneo, e l’asse nord-sud che collega il Massiccio Centrale alla Spagna –, il borgo cataro spicca con i suoi giganteschi bastioni fiancheggiati da torri, che si declinano su circa 3 chilometri e che introducono nella bellezza conclamata della Cité Medievale.
Della trentina di torri che inizialmente fortificavano la costruzione, 22 sono pervenute fino ai nostri giorni, alcune sotto forma di vestigia, altre conservate con il loro alzato integro, come nel caso delle torri del Mulino del Conestabile, del Vieulas e della Marquière, imponenti sul fronte nord. La Cittadella è la più grande città fortificata d’Europa ancora viva e vitale (grazie anche al restauro voluto e operato nel XIX secolo dallo storico e architetto Viollet-le-Duc), ed è stata recentemente insignita dell’iscrizione nel Patrimonio dell’Umanità Unesco insieme al Canal du Midi. E’ quest’ultima un’opera di ingegneria idraulica eccezionale (240 km di lunghezza alimentata da un sistema molto sofisticato di chiuse) che offre ai viaggiatori suggestivi momenti di navigazione intorno alla campagna di Carcassonne.
Dalla Città Bassa (Ville) alla Città Alta (Cité) si possono ammirare testimonianze di oltre 2000 anni di storia, trasferite nel corso del tempo da Romani, Visigoti, Saraceni e Crociati, e non è difficile immaginarsi lungo le vie acciottolate, piccole e tortuose, sfilate di cavalieri di un tempo in armature scintillanti. Oggi le stesse vie finiscono quasi tutte in piazzette scenografiche animante da negozietti, boutique di varia natura e non pochi ristoranti turistici. Il periodo di maggior splendore della città corrispose a quello della diffusione del Catarismo, dal 1089 al 1209, epoca della dinastia dei Trencavel. Oltre all’imperdibile passeggiata lungo i Lices, l’ampio spazio tra le due cinte di mura, sono da vedere il Castello Comitale e il suo Museo Lapidario, la Basilica Saint Nazaire, le Porte Narbonesi, la Torre del Tréseau.
In particolare, il Museo allestito nelle sale del Castello Comitale (Château Comtal) consente di ammirare un’importante collezione di reperti provenienti dalla Cité e dalla regione: scultura regionale dall’epoca gallo-romana al XVII secolo, stele, sarcofagi paleocristiani e merovingi, capitelli, pitture murali e statue. Tra le opere esposte degne di nota sono la vasca dell’abbazia di Fontfroide del XII secolo e il calvario di Villanière del XV secolo. Il castello dei conti Trencavel è compreso anch’esso nelle mura fortificate e comprende ben 14 torri nelle mura esterne e 24 torri in quelle interne, una basilica e una chiesa. Tutto è monumentale a Carcassonne, ed ogni monumento ne implica o include sempre qualcun altro. La Basilica di San Nazario è un bell’edificio romanico che fu successivamente ampliato con costruzioni di stile gotico. Qui vale la pena soffermarsi sui colorati vetri e gli eleganti intarsi.
Non meno maestose, la Porte di Narbonne e la Tour du Trésau nacquero come mura e fortificazione della città; oggi la parte della fortificazione che collega il castello con la Tour du Trésau, detta anche fortificazione bassa, è la più famosa come passerella per romantiche e spettacolari passeggiate. Una delle vedute più suggestive della Cité con il suo panorama circostante è restituita dal Pont Vieux, il ponte più antico di Carcassonne, costruito intorno al 1359 e lungo ben 210 metri. Sulla riva sinistra dell’Aude si divincola la città bassa edificata come bastide e con la pianta a scacchiera ancora perfettamente visibile.
I Catari
Le sorti di Carcassone furono inevitabilmente legate al movimento cataro di cui la città era (nel 1200) una delle roccaforti privilegiate. Venne pertanto assediata e conquistata dall'esercito guidato da Simon de Monfort che ne fece il quartier generale per le sanguinose campagne contro i catari della regione. Spingendosi nei dintorni a sud della città, con un tour di uno o più giorni, è possibile viaggiare sulle tracce dei Catari che trovarono rifugio in castelli e villaggi sulle alture pirenaiche come Villerouge-Termenès, Queribus, Peyrepertuse e Montségur.
Proprio le desolate rovine della fortezza di Montségur, arroccata su uno sperone di roccia, sono state l’ultima roccaforte dei Catari e teatro dell’ultimo massacro nel 1244 che vide oltre 200 persone tra uomini, donne e bambini, finire bruciate vive dopo un assedio di 10 mesi e il rifiuto di abiurare la fede in cambio della vita. Quel che rimane di Montségur è tutt’oggi il simbolo per eccellenza della resistenza catara aiutata dai signori e dai conti che regnavano allora sull’Occitania.
Merita una sosta anche Foix, capoluogo dell’Ariége, per fare visita allo Chateau, situato su uno sperone roccioso, dimora dei conti di Foix e sede del museo storico e delle tradizioni dell’Ariége. Il castello, risalente al X secolo, ospita al suo interno il museo dipartimentale dell’Ariege con reperti preistorici che documentano l’attività umana nelle grotte dell’area. Un vero e proprio sentiero percorribile con una escursione transfrontaliera con partenza da Montségur consente di mettersi sul “cammino degli Uomini buoni” e scoprire la storia catara nei castelli di Foix e di Roquefixade (Ariège), al museo della Memoria del Catarismo Occitanico di Mazamet (Tarn), nella bastide di Cordes-sur-ciel (Tarn) e in numerosi altri luoghi di Midi-Pirenei.
L'Occitania: terra della Langue d'Oc
Trovatori e Catari, poeti dell’amor cortese e mistici religiosi incrociarono le loro sorti in gran parte dell'Occitania, un vasto territorio che copriva il sud della Francia dai Pirenei alla Provenza, ma il nucleo principale degli “Uomini buoni” – come si autodefinivano i Catari – era collocato nelle attuali regioni Midi-Pirenei e Linguadoca. Ancora oggi l’eco di questo movimento religioso medievale riesce a investire di fascino particolare i luoghi del suo transito. Il Catarismo apparve alla fine del XI secolo ad Albi, Béziers, Tolosa, Montauban e Carcassonne.
I suoi seguaci, i “perfetti” o “buoni” si richiamava apertamente al Cristianesimo delle origini vivendo nella povertà e predicando la parola di Cristo non in luoghi di culto ma in mezzo al popolo dei fedeli, i “credenti”. Benvoluti e considerati santi dal popolo occitano (lo stesso termine Cataro, utilizzato dal clero cattolico medievale, deriverebbe in effetti dal greco katharos che si può tradurre “essere puro”), basavano la loro dottrina su un dualismo rigoroso che opponeva lo spirito alla materia. Per i Catari l'anima dell'uomo era divina mentre il corpo ne era la sua prigione materiale e ciò implicava una morale severa basata sul digiuno e le mortificazioni. L'unico sacramento praticato era il Battesimo che rivelava all'uomo la sua natura divina, non riconoscevano l’autorità della Chiesa di Roma, rifiutavano la rigida organizzazione sociale medioevale (clero, nobiltà e popolo), perciò vennero ben presto visti come un pericolo per la stabilità del potere feudale e dichiarati eretici Albigesi.
Di fronte alla crescita di consensi del Catarismo nel sud della Francia e al rischio di una sua espansione in Europa, nel 1209 Papa Innocenzo III alleato con i re francesi proclamò una crociata, non contro i Mori o i Saraceni, ma contro altri cristiani che vivevano pacificamente sotto la protezione dei Conti di Tolosa. Durante vent'anni di guerra e ben cinquanta d’inquisizione, l’orrore non tardò a manifestarsi (come la strage di Beziers) e la spietata repressione portò all'annientamento totale di una cultura. Nel 1244 dopo la presa di Montségur (letteralmente “montagna sicura”) il destino dell’avventura catara era segnato e di li a pochi anni caddero tutte le roccaforti mentre con l’annessione al regno di Francia della grande Occitania anche la cultura della Langue d'Oc iniziò un lento declino.
Il nome “Occitania” deriva appunto da “oc”, che significa “sì” nell'antica lingua romanza, ecco perché è possibile identificare questo territorio attraverso l’applicazione di criteri linguistici, come patria della lingua d’oc con confini peraltro più estesi rispetto alla stessa regione della Linguadoca. Non sarà difficile scorgere, percorrendo questi luoghi, la croce occitanica che ne rappresenta l’emblema più riconoscibile, simbolo condiviso che va a designare un universo a tutti gli effetti, un intero mondo di valori che rappresenta al tempo stesso la lingua, lo stato d’animo e la cultura dell’Occitania.
Proveniente dagli stemmi dei conti di Tolosa (XII secolo), la croce occitanica è la bandiera in cui tutt'ora si riconoscono gli abitanti di Midi-Pirenei. La tradizione trobadorica medievale, infatti, tutt'altro che svanita in questi luoghi, appare materia viva di una cultura che si esprime in molti modi diversi: dalle trasmissioni televisive alla letteratura e poesia, dalla musica alle danze e festival, senza dimenticare le specialità gastronomiche.